Lo psicodramma greco è arrivato al dunque. Ancora qualche ora e sapremo se la Grecia ratificherà gli impegni presi nella notte di domenica dal suo leader con il resto d'Europa. Cioè la sospensione della democrazia e la cessione della sovranità nazionale alla Germania. Quello che sta accadendo è infatti questo. Un popolo aveva liberamente scelto di affidarsi (peggio per lui) a un premier comunista, Tsipras, e attraverso un referendum successivo di confermare tale fiducia (ripeggio per lui) rifiutando di subire i pesanti sacrifici che l'Europa voleva imporgli per risanare i conti. Tutto inutile. In questa Europa il voto non conta e forse non conterà più, sicuramente non com'è avvenuto in questo ultimo secolo. Tsipras, per salvarsi, ha dovuto vendere il suo paese. Prezzo: ottanta, forse novanta miliardi di euro e dare in pegno l'argenteria di famiglia: monumenti, società e quant'altro. Ha fatto bene il premier spaccone? Non lo so. So però che questa prassi ha un precedente. Me lo confidò, all'epoca dei fatti, Silvio Berlusconi e non credo di tradire la sua fiducia a raccontarlo oggi.
Estate 2011, l'Italia è stata artificiosamente portata da Germania e Francia in condizioni psicologicamente simili a quelle della Grecia di oggi. Ricordate? Spread a 500, voci su casse vuote e stipendi pubblici a rischio. Berlusconi, premier in carica, viene convocato di notte in una riunione straordinaria durante un vertice G8. Presenti Merkel, Sarkozy, Zapatero e Obama. Ordine del giorno: l'Italia, se non vuole andare in default, deve accettare un prestito del Fondo monetario internazionale. Tradotto: rinunciare alla sua autonomia e mettersi nella mani di una troika che penserà al nostro bene.
Vengono offerti prima 30, poi 50 miliardi. Berlusconi rifiuta, spiega che le cose non stanno così, ma questi insistono. La Merkel rilancia: 70 miliardi. Berlusconi alza i toni. I miliardi diventano 90. Lui si indigna, cerca sponde, Obama è imbarazzato - «sembrava dalla mia parte» mi disse il presidente - ma non ha il coraggio di sospendere l'asta. Berlusconi si alza e se ne va alzando la voce: «L'Italia non è in vendita».
Come ormai noto, il problema Germania e Francia lo risolsero in altro modo. Visto che non riuscirono a comprare l'Italia, via Napolitano si vendettero Berlusconi.
Da allora il voto non ha più contato nulla, come oggi in Grecia. Ci hanno dato prima Monti, poi Letta e ora Renzi, e per di più le cose sono solo peggiorate. Pensiamoci. È questa l'Europa - ed è questa l'Italia - che avevamo sognato?
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