Quante balle dietro la propaganda delle Ong

Dalle persone in "fuga dalle guerre" al numero dei morti in mare: la realtà è diversa

Quante balle dietro la propaganda delle Ong

Indifferenti al ridicolo e alla vergogna l'ex leader dei Centri Sociali Luca Casarini e i compagni di «Mediterranea Saving Humans» hanno trascorso la mattinata di ieri a sputar fango sulla Marina Militare accusandola di aver ritardato i soccorsi a un barcone di migranti. Non paghi hanno denunciato la morte di una bambina di 5 anni deceduta, stando ai loro comunicati, per la premeditata lentezza dei soccorsi. Alla fine erano solo balle. Non c'era nessuna bimba morta e nessun ritardo al di là delle due ore impiegate dal pattugliatore Cigala Fulgosi, per coprire gli 80 chilometri di distanza dal barcone e trarre tutti in salvo.

Non è una novità. Da cinque anni la propaganda delle organizzazioni umanitarie si basa sulle fandonie. La madre di tutte le balle, ripetuta allo sfinimento nel nome dell'accoglienza indiscriminata è quella dei migranti in fuga da guerre e carestie. Dal 2015 nello Yemen si combatte uno dei conflitti più crudeli di questo decennio eppure dalla Libia non è arrivato un solo rifugiato in fuga da quella guerra. Per anni, invece, migliaia di bengalesi o pakistani volati da Dacca a Tripoli su regolari voli di linea hanno affollato i barconi diretti all'appuntamento con le Ong schierate davanti alle coste libiche. E assieme a pakistani e bengalesi sono approdati migliaia di senegalesi e nigeriani. Peccato che il Senegal sia un Paese dove si vive in santa pace e dove un Pil cresciuto a ritmi del 7% annuo garantisca da un decennio, un generale miglioramento della vita.

Dalla Nigeria tormentata dai Boko Haram sarebbero dovuti arrivare, in base al teorema delle Ong, migliaia di cristiani perseguitati. Invece ne sono arrivati pochissimi per il timore di venir fatti a pezzi, strada facendo, dai fanatici musulmani. In compenso le navi delle Ong si sono trasformate in littorine della prostituzione e del crimine. Per anni hanno traghettato migliaia di ragazzine nigeriane destinate al racket della prostituzione sotto gli occhi omertosi dei cosiddetti operatori umanitari. E assieme a quelle schiave sono approdati in Italia criminali del rango di Innocent Oseghale, lo spacciatore condannato per aver ucciso e fatto a pezzi Pamela Mastropietro.

Un'altra litania ripetuta allo stremo dalle Ong e dai loro sostenitori ci metteva in guardia da un flusso migratorio ormai inarrestabile perché legato all'irreversibile implosione di un'Africa saccheggiata dall'Occidente e devastata dai cambiamenti climatici. Invece è bastato chiudere i porti, limitare l'attività delle Ong e favorire quella della Guardia Costiera libica per ridurre drasticamente gli sbarchi portandoli dai 181mila del 2016 ai poco più di 23mila del 2018. Un trend proseguito nei primi cinque mesi di quest'anno quando sono stati registrati 1,561 arrivi a fronte dei 13.430 del 2018 e degli addirittura 73.658 del 2017. Quei numeri rappresentano l'inconfutabile dimostrazione del ruolo giocato dalle navi di soccorso nel moltiplicare le partenze e, con esse, i lucrosi affari dei trafficanti di uomini. Ma per le Ong abituate a giocare con le vite degli esseri umani la nuova «verità» è quella dei cosiddetti morti marginali. Stando a questa spregiudicata tesi la «cura Salvini» avrebbe incrementato drammaticamente la percentuale dei morti nel Mediterraneo facendola salire dall'1,7% del 2018 all'8,7 registrato quest'anno. Ma mentre le Ong si divertono a giocare con i numeri, e con le vite, le cifre assolute ci raccontano una verità assi diversa. I migranti morti in mare al 30 maggio di quest'anno sono stati appena 321, uno dei numeri più bassi registrati negli ultimi 20 anni.

Nel 2016 quando le navi delle Ong erano al massimo della loro attività e operavano senza limiti davanti alle coste della Libia sono scomparsi in mare 4.581 esseri umani. Tra balle e realtà, insomma, ben 4.200 vite di differenza.

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