Le buone, la cattiva e i furbetti. Nel crac delle quattro popolari non sono solo le nuove (good) banche, ripulite dalle perdite e dai crediti deteriorati grazie al decreto del Governo, che possono far gola a chi nel mondo della finanza fiuta i buoni affari. Sono i crediti «marci» della bad bank, i prestiti incagliati o in sofferenza difficili da riscuotere, la vera, potenziale miniera d'oro di chi saprà accaparrarseli. Quel tesoretto ha visto il valore nominale dei crediti difficili da esigere - chiamati npl, ossia «non performing loans» - venire svalutato al 17,6 per cento del totale. Una sforbiciata fenomenale: si è fissato il prezzo degli 8,5 miliardi di euro di crediti in appena 1,5 miliardi. Una cifra decisamente prudente. Il margine di guadagno, per chi volesse cimentarsi nell'operazione di recupero crediti, è probabilmente ben superiore: alcune stime parlano, al netto del prezzo del pacchetto npl, di un guadagno di almeno 2 miliardi di euro.Sull'appetibilità della bad bank, si è espresso anche l'ex presidente Giuseppe Fornasari. Nel suo sfogo con il Corriere della Sera, il penultimo boss di Bpel ha lasciato il veleno nella coda: «Il valore dei crediti deteriorati, i cosiddetti npl, è stato abbattuto dell'85 per cento. Per qualcuno sarà l'affare della vita...». Già, ma per chi? Non per i poveri ex azionisti, che hanno visto i loro titoli azzerati col fallimento de facto delle quattro vecchie banche. Né gli obbligazionisti subordinati, sul piede di guerra perché mollati pure loro con il cerino in mano e i risparmi in fumo, nonostante fossero spesso stati tenuto all'oscuro dei rischi che correvano. Quei crediti «marci» erano in fondo soldi loro, e invece il decreto del governo non destina nulla del prezzo di realizzo degli npl ai rispamiatori rimasti fregati, ma solo alle banche che hanno contribuito al salvataggio. Mentre l'«affare della vita», per dirla con Fornasari, è una questione riservata alle società specializzate nel recupero crediti problematici. Sono loro che attendono la costituzione della bad bank, che sarà gestita da Bankitalia, per accaparrarsene una fetta (o tutta intera) e mettersi al lavoro, cercando certosinamente di rientrare in possesso di tutti gli euro che possono. I soggetti potenzialmente in gioco sono tanti, tra questi Cerved Group, Fortress, Active Capital, Az Holding. Alcuni avrebbero già manifestato il proprio interesse con Bankitalia, allettati dalla possibilità di lucrare percentuali notevoli.
Ma tra gli operatori specializzati nel recupero degli npl c'è anche un nome noto, quello di Davide Serra, il finanziere renziano doc, sostenitore da sempre del premier fiorentino. Che in tempi meno sospetti si era già fatto avanti. A febbraio scorso, Milano Finanza raccontò come Algebris Npl Fund 1 (il fondo di Serra specializzato nei Non performing loans) aveva già proposto a Bankitalia - prima del commissariamento di Bpel - di «acquisire crediti deteriorati del valore nominale di 750 milioni di euro». Rilanciando la proposta dopo l'ormai celebre cdm che ha commissariato la banca popolare aretina. Se il fondo Npl di Serra ha già bussato due volte alle porte di Bankitalia, è legittimo considerare il finanziere renziano tra quanti puntano al pacchetto della bad bank.
Tra l'altro, come ha scritto il sito d'informazione Linkiesta, una mano a chi si occupa di recupero crediti l'ha data una legge firmata dal governo Renzi ad agosto scorso. Che accelera i tempi di pignoramento degli immobili dei debitori. Rendendo più rapido, e di conseguenza più remunerativo, anche il lavoro degli esperti del credit management.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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