I bambini cristiani nei campi profughi del musulmano Sudan, in fuga dalla guerra civile, sono costretti a recitare i versi del Corano se vogliono la razione di cibo e sopravvivere. Nessuna grande Ong, che si strappa le vesti per i migranti in Libia, denuncia vessazioni del genere. I piccoli cristiani sono lontani, non fanno notizia e la loro fede è d'intralcio nel nome del politicamente corretto che non ama puntare il dito sulle discriminazioni religiose perpetrate dagli islamici. Gli unici a denunciare tali nefandezze sono le organizzazioni cristiane, come Aiuto alla chiesa che soffre (Acs), fondazione pontificia. «I bambini cristiani nei campi profughi sudanesi sono costretti a recitare le preghiere islamiche per ricevere il cibo» ha rivelato una fonte locale protetta dall'anonimato per timore di ritorsioni.
Almeno 700mila cristiani del Sud Sudan sono in fuga dall'orribile guerra civile dello stato indipendente da pochi anni e hanno trovato un rifugio precario sul territorio controllato dal governo islamista di Khartoum di Omar al Bashir. I profughi sono costretti a vivere in condizioni drammatiche confinati in campi poco degni di questo nome «perché il governo - spiega la fonte di Acs - non li permette di proseguire verso nord e raggiungere le città». Nei campi le razioni di viveri sono spesso insufficienti. La quantità fornita ogni mese a ciascuno famiglia dura appena per due settimane. Il motivo della scarsità di viveri è semplice: gran parte degli aiuti arrivano dalle agenzie per i rifugiati dell'Onu, ma vengono in gran parte trafugati e venduti al mercato. Spesso sui sacchi di aiuti in vendita sono ben visibili i marchi dell'Onu, che li ha donati per i rifugiati.
Acs denuncia che «il governo impedisce alle organizzazioni umanitarie di vigilare sulla distribuzione degli aiuti e non permette alle associazioni legate alla Chiesa di offrire alcun sostegno ai rifugiati».
Non stupisce che i cristiani non solo si trovino ad affrontare la miseria, ma pure la discriminazione se non persecuzione. In questo contesto si sono verificati i casi dei più piccoli costretti a recitare versi del Corano per ottenere il cibo quotidiano.
La discriminazione religiosa è «una piaga purtroppo diffusa in tutto il Paese afferma il direttore di Acs-Italia Alessandro Monteduro -. Nel Sudan guidato dal regime islamista di Al Bashir, in cui vige la sharia islamica, la persecuzione anti cristiana ha raggiunto livelli gravissimi».
Diverse donne sono state arrestate all'uscita dalle chiese per «abbigliamento indecente» ovvero semplici pantaloni o gonne. I rappresentanti pastorali di 2 milioni di cristiani hanno inviato in maggio una lettera aperta al governo denunciando a chiare lettere la discriminazione. E protestando per le demolizioni delle chiese, la confisca di proprietà ecclesiastiche, l'impossibilità di costruire nuovi edifici di culto e le restrizioni agli spostamenti dei rappresentanti religiosi. Almeno 17 chiese sono state distrutte con la scusa che non rispettavano le norme vigenti.
«E molte altre rischiano di essere abbattute continua Monteduro - La motivazione addottata da Khartoum è la violazione dei piani regolatori, ma è ben noto l'intento di al-Bashir di eliminare la presenza cristiana dal Paese». Non a caso il Sudan è nei primi posti della lista nera dei paesi nel mondo per il mancato rispetto della libertà religiosa. FBilwww.gliocchidellaguerra.it
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