La bomba finanziaria rivelata ieri da Nicola Porro sul Giornale è tutta contenuta in una trentina di pagine in cui la Guardia di Finanza descrive i movimenti borsistici sui titoli di quattro banche popolari, realizzati dalla Romed, la cassaforte finanziaria di Carlo De Benedetti. Nell'informativa delle Fiamme Gialle, a disposizione della Procura di Roma, c'è anche la sintesi delle conversazioni telefoniche tra l'Ingegnere e i suoi operatori sulla movimentazione di titoli per cinque-sei milioni di euro che porta a una plusvalenza realizzata di circa 600mila euro. La bomba deflagra oggi e l'inchiesta è solo all'inizio. Ma è stata innescata undici mesi fa, nei giorni precedenti l'annuncio della riforma sulle popolari da parte di Palazzo Chigi, con movimenti anomali sui titoli degli istituti interessati. «La data in cui è possibile assumere che il mercato abbia avuto una ragionevole certezza dell'intenzione del governo di adottare il provvedimento è individuabile nel 16 gennaio 2015», è la ricostruzione del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, in audizione alla Camera l'11 febbraio scorso.Il 16 gennaio, Renzi, dopo le 17.30 e dunque a mercati chiusi, annuncia la riforma alla direzione del Pd con queste parole: «Penso che nelle prossime ore, nelle prossime settimane arriverà un provvedimento importante sul mondo del credito». Alle 17.58 dello stesso giorno l'Ansa batte già la notizia: «Banche: in arrivo norme per riforma Popolari e Bcc». La prima indiscrezione di una riforma allo studio del governo risale però al 3 gennaio, e viene rilanciata dalla stessa agenzia di stampa. Dal 3 gennaio al 9 febbraio 2015 i corsi delle banche popolari salgono, con volumi consistenti, da un minimo dell'8% per Ubi a un massimo del 57% per l'Etruria, a fronte di una crescita dell'indice del settore bancario di circa l'8%. Prima del 16 gennaio la Consob rileva «la presenza di alcuni intermediari con un'operatività potenzialmente anomala, in grado di generare margini di profitto, sia pur in un contesto di flessione dei corsi». Si tratta, in particolare, di soggetti «che hanno effettuato acquisti prima del 16 gennaio, eventualmente accompagnati da vendite nella settimana successiva». Le plusvalenze effettive o potenziali di tale operatività vengono stimati dalla Commissione di Vegas in circa 10 milioni di euro. Attenzione però a confondere il rumore di fondo delle anticipazioni sulle mosse del governo con la vera miccia che potrebbe, se l'inchiesta della procura confermerà i sospetti, avere «armato» le mani dell'Ingegnere sui titoli delle popolari via Romed. Perché inizialmente il provvedimento era contenuto nel disegno di legge Concorrenza, in fase di messa punto al ministero per lo Sviluppo economico, e dunque destinato a seguire il lungo iter parlamentare. L'articolo - indicato alla pagina 23 della bozza sotto la voce Norme in materia di banche popolari - si limitava all'abolizione del voto capitario, una testa-un voto, su cui si discuteva già da qualche tempo. Quell'articolo del ddl viene però trasferito nel decreto battezzato «Investment compact»: lunedì 19 gennaio Renzi annuncia che le misure sarebbero state oggetto di discussione nel Consiglio dei ministri convocato per l'indomani. Il decreto viene così approvato dal consiglio dei ministri nel pomeriggio del 20 gennaio. La rivoluzione renziana diventa dunque dirompente, anche perché nel decreto si impone che entro diciotto mesi le popolari vengano trasformate in spa.
Chi era a conoscenza di quel cambio di marcia e di un decreto legge che avrebbe avuto effetti clamorosi e immediati a Piazza Affari? Di certo, chi sapeva ha potuto sfruttare un'informazione preziosissima sul mercato nella settimana precedente l'annuncio. Se De Benedetti era fra questi ce lo dirà l'inchiesta della procura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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