Una lunga scia di vittime, sedotti usati e abbandonati (o bidonati): i «fregati da Matteo». Molti, specie i non-politici, ci rimangono male e meditano vendette. Come Diego Della Valle, grande sponsor e padrino dell'ascesa di Renzi quando era solo un sindaco, suo compagno di tribuna allo stadio viola. Un feeling meraviglioso finché Renzi, divenuto premier, si butta tra le braccia della Fiat di Marchionne, nemico di Della Valle ma più potente (anche nel Corriere della sera ). E al fondatore di Tod's non resta che la rabbia: «Pensavo fosse una risorsa ma Renzi sta diventando un pericolo», «è andato in tilt», «non ha mai lavorato quindi non può parlare di lavoro», etc. Poi però sembra tornata la pace.
Con altri Renzi ha recuperato col premio di consolazione (un posto di sottogoverno). Come per Lapo Pistelli, il primo della lista parricida, in ordine cronologico, promesso sindaco di Firenze da Veltroni nel 2009 e fregato con un colpo dei suoi da Renzi, che era suo amico e pure suo ex portaborse in Parlamento. Giorgio Gori, spin doctor renziano della prima ora poi diventato ingombrante per Renzi che l'ha fatto fuori dalla cerchia ristretta, è stato risarcito con la poltrona di sindaco a Bergamo (ben lontano sia da Roma che da Firenze). Fregatura (poi rientrata) anche per l'altro ex consigliere e suo assessore a Firenze, Giuliano da Empoli.
Ma la lista delle vittime è lunga e autorevole. Sedotto e bidonato è anche Rutelli, leader della Margherita di cui il giovane Renzi diventa segretario provinciale. Quando Rutelli è vicepremier se lo porta in giro per il mondo, negli Usa e altrove, gli fa da padrino politico talent scout fino alla conquista di Firenze (con Rutelli che esulta: «una vittoria clamorosa, la vittoria del coraggio»). Come ricompensa, quando Rutelli pochi mesi esce dal Pd per fondare un suo partito, l'ex delfino Matteo lo scarica: «Francesco sta sbagliando, non lo seguirò».
Ormai lanciato, da sindaco Renzi punta a traguardi più grandi. Lancia i Rottamatori, con l'allora amico Pippo Civati, ora suo oppositore interno. Ma dopo poco rompe anche con lui, e quando Civati lancia una sua iniziativa a Bologna, Matteo si mette a ridere: «Se vado a Bologna ci vado per mangiare le tagliatelle da mia sorella e poi a vedere Bologna-Fiorentina». Basta tenere a mente il passato per stare più accorti, eppure ci cascano anche i veterani. Il trucco, prima dell'attacco ferale, è quello di convincere la futura vittima che non c'è nulla da temere. Puntata la segreteria del Pd come trampolino per arrivare a Palazzo Chigi, di mezzo c'è Pier Luigi Bersani, illuso di poter stare un po' sereno dopo aver vinto le primarie del 2012. Renzi se ne esce con una di quelle frasi che, lette col senno di poi, sono l'annuncio funerario per l'avversario: «Io segretario del Pd? Non sono la persona adatta» assicura Renzi, anzi «a questo giro non mi candido alla segreteria Pd», assicura il sindaco. Qualche mese, dopo eccolo segretario del Pd, dopo aver girato tutta l'Italia in camper per asfaltare i vecchi «rottami». Nel mezzo c'era stato il pasticcio sul Quirinale, con l'impallinamento prima di Franco Marini e poi di Romano Prodi, coi franchi tiratori. Non si saprà mai com'è andata veramente (il voto è segreto e le versioni ufficiali infinite), ma molti nel Pd vedono la firma di Renzi in quella debacle. Anche se Renzi aveva elogiato Prodi: «Ha tutte le carte per essere un grande presidente Repubblica». Romano stai sereno.
Preso il partito, il gradino successivo è il governo, con Enrico Letta a cui cominciano a fischiare stranamente le orecchie. Il sospetto (di essere il prossimo nella lista dei «fregati») diventa certezza quando Renzi inizia ad assicurare che a lui Palazzo Chigi interessa solo dal punto di vista architettonico: «Dicono che voglio fare le scarpe a Letta, non è vero. Mi ricandido a sindaco»; «Non mi interessa prendere il posto di nessuno, voglio fare le cose che interessano a italiani, e poi il famigerato slogan: #enricostaisereno . Dopo un mese Renzi è il nuovo premier.
Arrivato a Palazzo Chigi fa fuori Cottarelli, il commissario alla spending review. La spiega così: «Tre mesi fa Cottarelli ha chiesto di tornare al Fmi per motivi familiari». Poi, arrivati alla partita del Quirinale, promette a Forza Italia che il nome sarà scelto insieme. E loro stanno sereni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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