Ma questa non è una rivoluzione Su nozze e gay non cambia nulla

di Stefano Filippi

I l coro mediatico è pressoché unanime: il documento pontificio sulla famiglia si sintetizza nell'apertura ai sacramenti per i divorziati risposati. Corriere della Sera: «Il Papa apre». Repubblica: «Le aperture di Papa Francesco». Tg1: «Comunione possibile per i divorziati risposati». SkyTg24: «Il Papa apre ai sacramenti». L'elenco è lungo. Fanno eccezione la Stampa, che smorza gli entusiasmi eccessivi («Comunione ai divorziati risposati possibile però solo in certi casi»), e il Foglio, lapidario: «Nessuna rivoluzione».

La grancassa mediatica tira Bergoglio per la tonaca e gli fa dire quello che nell'«Amoris Laetitia» («La gioia dell'amore») non c'è. Il testo firmato dal Papa dopo due Sinodi è lunghissimo, profondo, articolato, lirico e sofferto, ma nelle 264 pagine non si trova una sola riga che lasci intendere svolte dottrinarie o sanatorie di situazioni insanabili. Il matrimonio resta indissolubile. Si denuncia la «decostruzione giuridica della famiglia» che avanza in molti Paesi. La pratica dell'utero in affitto è bollata come «una forma di maschilismo». Si definisce «inquietante» il tentativo di imporre l'ideologia del gender come «pensiero unico che determini anche l'educazione dei bambini». Il «no» ad aborto ed eutanasia è inequivocabile, compreso «l'obbligo morale dell'obiezione di coscienza».

Le unioni omosessuali? Fermo restando che «ogni persona va rispettata e accolta «indipendentemente dal proprio orientamento sessuale», papa Francesco non lascia dubbi: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote» con matrimonio e famiglia. E sono «inaccettabili» le pressioni esercitate sulla Chiesa in questo senso, come pure il fatto che «gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all'introduzione di leggi che istituiscano il matrimonio tra persone dello stesso sesso». Messi nero su bianco giudizi molto chiari anche sull'uso del preservativo: «L'espressione sesso sicuro trasmette un atteggiamento negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità». Tutte citazioni bergogliane che ben difficilmente si trovano in tante sintesi di queste ore.

Quanto alle aperture verso chi si trova in situazioni «irregolari» (che arrivano soltanto all'ottavo dei nove capitoli), qui si vede tutta la novità del pontificato di Francesco. Chi premeva per disarticolare la dottrina della Chiesa sulla famiglia chiedeva nuove regole, al pari dei difensori della morale tradizionale che invocavano fermezza sui criteri. Invece la preoccupazione del papa non è di fissare «norme generali applicabili a tutti i casi»: egli invita al «discernimento». A guardare in faccia le persone, immedesimarsi nei drammi dei singoli, che sono appunto uno diverso dall'altro. Non giudicare dall'alto, perché «nessuno può essere condannato per sempre», ma accompagnare, integrare, e soprattutto aiutare ciascuno a rendersi conto di essere «oggetto di una misericordia immeritata, incondizionata e gratuita».

Niente «morale fredda da scrivania» ma «comprendere, perdonare,

sperare». Che è il vero compito della Chiesa: «Formare le coscienze dice il papa non pretendere di sostituirle». Educare, non costringere. Lo spazio della libertà è intatto. Libertà anche da certe interpretazioni di comodo.

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