«In questo momento quello che posso prevedere è un attacco dimostrativo limitato e senza finalità politico militari. Quindi un attacco non in grado di cambiare gli scenari siriani, né di mettere a rischio la sopravvivenza del regime. L'intensità dipenderà sostanzialmente dal numero di lanciamissili già in posizione e in grado di portare a termine l'attacco. Sappiamo che c'è davanti alle coste siriane c'è la Donald Cook un cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleigh Burke salpato recentemente dal porto di Larnaka a Cipro. Non siamo a conoscenza di portaerei pronte a far decollare i loro aerei. Quindi ritengo che assisteremo ad un attacco fotocopia. Un attacco molto simile a quello lanciato lo scorso anno quando Donald Trump decise di punire Bashar Assad per un altro presunto attacco chimico contro le zone dei ribelli».
Vincenzo Camporini, ex-capo di stato maggiore delle nostre Forze Armate e generale dell'aeronautica con decenni di servizio sui caccia e sugli intercettori italiani non prevede un intervento di grande portata contro la Siria. E soprattutto non vede alcuna rischio di un coinvolgimento del nostro Paese nonostante la partecipazione all'Alleanza Atlantica.
«Non siamo di fronte ad un'operazione concordata in sede Nato, siamo di fronte dichiara in questa intervista a Il Giornale - ad un azione unilaterale decisa dalla presidenza degli Stati Uniti».
In queste ore si parla di aerei Poseidon P8 decollati dalla base di Sigonella
«I Poseidon sono aerei antisommergibile di certo non parteciperanno a questo tipo di attacchi. Gli americani per usare le basi di Aviano o Sigonella dovrebbero chiedere l'autorizzazione del nostro governo. Un esecutivo dimissionario come quello del premier Paolo Gentiloni, chiamato soltanto a sbrigare gli affari correnti, non potrebbe concederla. Inoltre ipotizzare una partecipazione italiana significherebbe prefigurare un intervento molto più ampio di quello previsto dalla Casa Bianca
Insomma pensa ad un atto sostanzialmente dimostrativo.
«Si assolutamente. Non siamo di fronte ad un raid in grado di cambiare la situazione sul terreno. Trump quasi sicuramente si limiterà a dimostrare di aver punito una nazione colpevole di esser andata oltre i limiti.
Si parla, però, di un possibile intervento concordato con l'Inghilterra e la Francia pronte, a partecipare all'azione.
«La natura dell'operazione dal punto di vista militare non cambierebbe. Gli inglesi potrebbero utilizzare le basi di Cipro e i francesi degli aerei decollati da una loro portaerei nel Mediterraneo. Potrebbero venir utilizzati dei missili Storm Shadow con un raggio di 560 chilometri utilizzati a suo tempo anche dall'Italia per colpire le installazioni militari di Gheddafi in Libia».
A che tipo di obbiettivi pensa?
«Gli americani dispongono senza dubbio di una lunga lista di obbiettivi già inseriti nei piani di attacco. Preferiranno basi militari per evitare perdite civili collaterali. Poi bisogna vedere quanti missili Tomahawk riusciranno a superare le difese dell'anti aerea».
Pensa che i russi parteciperanno alle operazioni di difesa del territorio siriano?
«Su questo ho pochi dubbi. I radar e i missili russi garantiranno la copertura delle installazioni militari siriane».
C'è il rischio che vengano colpite basi in cui sono presenti militari russi o iraniani?
«Non penso siano previsti attacchi rivolti a colpire direttamente personale non siriano».
Quant'è probabile una reazione russa?
«Ritengo che Putin, per quanto abbia minacciato di
reagire, preferisca lasciar sfogare gli americani nella consapevolezza che la loro azione non cambierà gli scenari. Quindi non vedo il rischio di un allargamento dello scontro e tantomeno il rischio di un conflitto mondiale».
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