Commissioni, interessi legali, sanzioni, more e somme aggiuntive. Una volta finiti nel vortice del Fisco il debito con l'erario non fa che aumentare. Tanto, troppo. In modo smisurato. "Alla fine aziende e contribuenti finiscono col dover versare interessi triplicati e da usura", dice Lino Ricchiuti, leader del movimento politico "Popolo Partite Iva". "Adesso ne abbiamo le prove".
Il corpo del reato è un documento ufficiale emesso dall'Agenzia delle Entrate-Riscossioni. Si tratta della "definizione agevolata di cartella esattoriale" che spiega ad un anonimo contribuente quanto è l'importo dovuto al Fisco una volta aderito alla famosa "rottamazione" dei debiti tanto voluta da Matteo Renzi. Il signor Mario (nome di fantasia) tempo fa aveva ricevuto da Equitalia una cartella esattoriale da 8.818 euro. Tanti in tempo di crisi. E così per un motivo o per un altro non era riuscito a pagare. Aspetta aspetta, l'importo cresce. Commissioni, sanzioni, gabelle. Mario non ha soldi e continua a rinviare. L'anno scorso la svolta: il governo Renzi a ottobre 2016 approva il decreto che chiude Equitalia e stabilisce la rottamazione dei tributi maturati tra il gennaio 2000 e il 31 dicembre 2016. Mario si precipita a firmare, convinto che aderendo alla procedura dovrà versare solo la somma iniziale senza interessi di mora. Quando i documenti arrivano a casa scopre l'inganno: il suo debito reale non era di 8mila euro, ma "appena" 3.782 euro. Equitalia, insomma, aveva aggiunto 5.090 euro di sanzione. Il 133% in più: ben oltre la soglia stabilita per legge per i tassi di interesse applicabili ai prestiti per famiglie e imprese (intorno al 17%).
"Lo stesso vale per importi più consistenti - fa notare Lino Ricchiuti - In proporzione se devi al Fisco 15mila euro, alla fine se ne prende 45mila. È una vergogna. In questo modo chi vorrebbe pagare, ma si trova in difficoltà, non potrà mai regolarizzare la sua posizione tributaria".
Fa sorridere che per "scoperchiare il vaso di Pandora" ci sia voluta la rottamazione delle cartelle. Dopo la proroga per la presentazione delle domande, ben 600mila italiani hanno aderito all'iniziativa. "In realtà è stata solo un'ulteriore fregatura. Chi ha accettato l'ha fatto per due motivi: o aveva piccoli debiti, tipo una multa; oppure ha solo cercato di prendere un po' di tempo". In molti però sono già in difficoltà: le cinque rate previste sono molto alte e il governo vuole che il 70% dell'importo venga saldato entro il 2017 (il restante 30% nel 2018). La prima (o unica) rata scade il 31 luglio, l'ultima sarà a settembre dell'anno prossimo. Al momento il 20% dei contribuenti ha scelto la soluzione unica, mentre il 70% ha avviato la rateizzazione. E chi paga in ritardo? Perde ogni diritto alla "rottamazione" e dovrà consegnare l'importo intero, interessi "usurai" compresi.
"Ma se non avevo ieri i soldi da darti - si chiede Ricchiuti - perché dovrei riuscire a trovarli entro fine anno?". Il ragionamento fila: "Il piccolo impenditore che non versa i propri contributi Inps non lo fa perché vuole evadere le tasse, ma perché non ce la fa. Lo Stato invece parte dal presupposto che chi è in ritardo sia un evasore. Invece spesso sono solo 'cattivi pagatori' o semplici morosi in difficoltà. I veri truffatori non ricevono la visita degli esattori, perché i redditi non li dichiarano".
La cancellazione di Equitalia non ha certo migliorato le cose, visto che i suoi poteri sono tornati in seno all'Agenzia. "Anzi - spiega Ricchiuti - oggi il Fisco ha l'accesso diretto alle informazioni sui contribuenti e può pignorare i fondi dei conti correnti ancor più rapidamente di prima. Alle Partite Iva, se vuole, può congelare anche gli ultimi 50 euro per la sopravvivenza. Ci trattano come delinquenti e mafiosi". Difficile contraddirlo.
"In un Paese in cui il total tax rate ruota attorno al 68%, non è possibile che il tributo pagato in ritardo si triplichi. Vuol dire che ci vuoi distruggere. Oggi è diventato più pericoloso avere un'attività che delinquere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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