Ragusa Si è presentato ieri pomeriggio in commissariato a Vittoria (Ragusa) per chiedere la propria espulsione, in ottemperanza al decreto emesso un anno fa dal questore. È Ram Lubhay, l'indiano 43enne con precedenti per droga e ricettazione, accusato di avere tentato di rapire lo scorso 16 agosto sul litorale di Scoglitti (Ragusa) una bambina di 5 anni.
Il termine ultimo per adempiere al provvedimento che pendeva sul suo capo scadeva alla mezzanotte di ieri, visto che l'ordine di lasciare l'Italia era stato rinnovato il giorno in cui l'indiano è stato arrestato dopo un'ora di caccia all'uomo, per il reato di tentato sequestro di persona e sottrazione di minore, da parte dei carabinieri della Compagnia di Vittoria, che hanno messo a ferro e a fuoco l'intera frazione balneare iblea dopo il tentativo di rapimento della bimba denunciato dai genitori. L'uomo ha riferito di essere stato minacciato di morte da un passante, per cui ha chiesto sicurezza e protezione. La procedura prevede che il questore chieda alla procura il nullaosta per l'espulsione e il conseguente accompagnamento dell'uomo in un centro di identificazione ed espulsione con tanto di decreto di espulsione dal Paese emesso dal prefetto e l'ordine finale del questore. Il vicequestore vicario di Ragusa, Nicola Spampinato, ha firmato ieri la richiesta di trasferimento in un Cie. Il trattenimento nel centro viene disposto dal questore per 30 giorni e fino ad un massimo di proroga di 18 mesi quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione.
Ora spetta al ministero dell'Interno indicare in quale struttura trasferire l'uomo. Ad ogni modo è compito della procura di Ragusa decidere se concedere il nullaosta o meno e questo è stato concesso.
Il caso, che è balzato alle cronache nazionali perché l'indiano è stato rilasciato per due volte come indagato a piede libero sul territorio, non è destinato a sgonfiarsi con facilità. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, a cui si era rivolto con un editoriale-lettera aperta il direttore Alessandro Sallusti, ha disposto «verifiche preliminari» sulla vicenda con l'invio di ispettori in procura a Ragusa. Se un reato resta allo stato di tentativo, come lo è quello commesso dall'indiano Ram, il nostro sistema non consente il provvedimento di fermo, ma una qualche misura meno restrittiva sì nel caso in cui il magistrato ne ravveda gli estremi. Così non è stato nella vicenda del tentativo di sequestro di persona e sottrazione di minore da parte dell'indiano che, interrogato in caserma a Vittoria dal pubblico ministero Giulia Bisello, la stessa che aveva rimesso in libertà l'indagato dopo sole 24 ore di carcere, si è professato innocente e vittima di un fraintendimento.
Tentativo di rapimento versus sequestro di persona e sottrazione di minore sventato dalla prontezza dei genitori che hanno inseguito l'indiano che aveva in braccio la loro figlia fino a riprendersela. Sta in questa diversa interpretazione di quanto avvenuto il nocciolo della questione su cui dovranno far luce gli ispettori inviati dal Guardasigilli.
La procura di Ragusa fa quadrato attorno all'operato del sostituto procuratore e si sarebbe aspettata la solidarietà del ministro. «Credo che sia interesse di tutti che la ricostruzione dei fatti avvenga tramite le forme previste dalla legge, cioè tramite l'accertamento che il ministero dispone». Così il ministro.
«Da un lato bisogna valutare se c'è stata correttezza nell'azione della magistratura e dall'altro evitare che si celebrino processi paralleli o processi al processo che non sono previsti nel nostro ordinamento». E aggiunge: «È importante che la valutazione degli atti sia fatta non in modo emozionale e intuitivo ma sulla base dei fatti che il ministero sta raccogliendo».
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