Razzismo, nel M5S monta la fronda anti-Salvini

Tensione il caso di Daisy Osakue. Spadafora, Fioramontie Mantero prendono le distanze. E Fico incontra gli anti-Salvini

Razzismo, nel M5S monta la fronda anti-Salvini

Nel Movimento Cinque Stelle cresce la tensione. O meglio, l'insofferenza verso le posizioni dell'alleato leghista di governo. Troppo radicale, Matteo Salvini, per la parte di "sinistra" del partito guidato dall'incerto Luigi Di Maio.

Il capo politico del M5S continua a tenere il punto, dimostrandosi leale con l'alleato. Quando l'inquilino del Viminale ha deciso di chiudere i porti alle Ong, Gigino gli è andato dietro. Non ha battuto colpo e si è allineato sulla scia della ruspa leghista. Già allora, però, stava montando l'irritazione della fronda interna capitanata, almeno idealmente, da Roberto Fico.

Il presidente della Camera non ha mai mancato di esprimere le sue posizioni su accoglienza e apertura ai migranti. Anche oggi, mentre in Italia scoppiava la polemica per il caso dell'atleta azzurra aggredita a Moncalieri a colpi di uova, Fico è sceso di fronte a Montecitorio per incontrare gli attivisti pro-immigrazione del gruppo "Mani Rosse". E di fronte a loro si è scostato dalla linea salviniana sulla Libia: se il ministro dell'Interno elogia il lavoro svolto dalla Guardia costiera di Tripoli nell'intercettare i barconi per riportarli indietro, il grillino considera assurda la possibilità di lasciare i migranti in Libia. Divergenze di vedute, è ovvio. Ma che potrebbero costare al Movimento una frattura interna. In molti infatti da qualche tempo sembrano covare un certo risentimento per l'appiattimento di Di Maio alla linea della Lega.

Per Salvini l'aggressione a Daisy Osakue e l'uccisione di una africano a Latina sono due episodi deprecabili, ma non esiste – dice – alcuna emergenza razzismo. Per Di Maio "il numero dei casi è in linea con il passato", quindi le critiche al governo sono strumentali. Tradotto: lui sta con il leghista. Ma gli altri pentastellati?

Chi si aspettava che tutta la variopinta galassia grillina si allineasse al suo capo politico, si sbagliava. "La notizia dell'ennesima violenza di stampo razzista non può lasciarci in silenzio - ha attaccato infatti Spadafora - Tutti noi, a partire dal mondo politico, abbiamo la responsabilità di creare un argine a questi inaccettabili quanto vili episodi". Spadafora non cita mai Salvini, ma il messaggio sembra essere indirizzato direttamente a lui quando invita il governo a smettere "di soffiare sul fuoco attraverso slogan e spauracchi, che appartengono a periodi bui della nostra democrazia". Un riferimento, neppure molto velato, a quel "tanti nemici, tanto onore" twittato ieri dal ministro leghista e criticato aspramente da tutta la sinistra.

La politica è fatta di messaggi più velati che diretti e in questo i grillini sembrano aver appreso bene la lezione. Ecco perché quando il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dice che "l'Italia non è il Far West" (cit: Mattarella) e che "chi ritiene di potersi fare giustizia da solo ha sbagliato Paese", diventa difficile immaginare che il destinatario di tali affermazioni possa non essere il collega Salvini. Tanto più che, pur rigettando la possibilità di "imputare al governo attuale la responsabilità più o meno politica di episodi di razzismo", Bonafede chiede "una condanna morale e politica di questi episodi che non devono avvenire". In fondo già una volta, sulle Ong, aveva mostrato una certa distanza dalla posizione salviniana.

Un altro che sembra essersi già iscritto alla fronda grillini anti-Salvini è Matteo Mantero. Il senatore, pur dichiarandosi "convinto del fatto che gli italiani non siano razzisti e che certi episodi avvenissero probabilmente anche prima", non nasconde "che c'è una responsabilità politica in quello che sta accadendo e che il continuo dipingere il diverso come la causa di ogni male, da parte di chi speculativamente cavalca questi temi per avere qualche voto o vendere qualche copia in più, dia coraggio a questi razzisti ignoranti di emergere alla luce del sole con atti vili e vergognosi di questo genere". E come se non bastasse pure Lorenzo Fioramonti, sottosegretario all'Istruzione, non l'ha mandata a dire: "In Italia, emergenza razzismo c'è ora come c'è stata in passato.

Rischio guerra tra poveri. Chi ricopre incarichi istituzionali deve pesare parole, perché creano effetto sdoganamento e imitazione". Insomma: non tutti sono disposti a morire (politicamente) con Salvini. Di Maio è avvisato.

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