Re Giorgio "grazia" Renzi-Verdini. Ma nel 2011 pretese la fiducia sul Cav

La fiducia al ddl Cirinnà sancisce l'ingresso di Verdini in maggioranza. Napolitano esclude un passaggio dal Colle. Ma nel 2011 inviò una nota per costringere il Cav a passare dalla fiducia delle Camere

Re Giorgio "grazia" Renzi-Verdini. Ma nel 2011 pretese la fiducia sul Cav

Il voto sul ddl Cirinnà dimostra che la maggioranza del governo Renzi è cambiata. Di molto. Il gruppo di Ala capeggiato da Denis Verdini ha votato la fiducia al maxi-emendamento voluto dal governo e figlio dell'accordo con l'Ncd. Non solo. Verdini sarebbe anche in procinto di convincere il sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico, Antonio Gentile (Ncd), a passare al suo gruppo parlamentare.

Nel nuovo testo sulle nozze gay non ci sarà la stepchild adoption, ma si ufficializza l'adozione di Verdini da parte del Pd.

Ebbene, di fronte a questo cambio di casacche, ci si sarebbe attesi che Napolitano invitasse il premier a salire al Colle per ufficializzare il nuovo esecutivo. Normale attenderselo da colui che nel 2011 chiese a Silvio Berlusconi più o meno la stessa cosa.

Re Giorgio, invece, ha deciso di difendere il duo Renzi-Verdini. "È importante che la maggioranza di governo sia rimasta insieme - ha detto - i voti di Verdini sono voti aggiuntivi e non sostituivi". E a chi gli chiede se ora sia necessario un passaggio al Colle per ufficializzare la nuova maggioranza, risponde: "Passaggio? Una passeggiata...".

Ci duole dover rinfrescare la memoria all'ex capo di Stato. Torniamo al maggio del 2011: Berlusconi presentò al Presidente dell Repubblica la lista dei nuovi sottosegretari, perché li approvasse. Erano i tempi del gruppo dei "Responsabili" andato in aiuto della maggioranza di centrodestra, azzoppata dall'addio di Gianfranco Fini. Napolitano firmò le nomine. Ma inviò una nota ai presidenti di Camera e Senato che suonava così: "Sono entrati a far parte del governo esponenti di gruppi parlamentari diversi rispetto alle componenti della coalizione che si è presentata alle elezioni politiche" e quindi "spetta ai presidenti delle Camere e al presidente del Consiglio valutare le modalità con le quali investire il parlamento delle novità intervenute nella maggioranza che sostiene il governo".

Tradotto dal politichese, Re Giorgio "imponeva" a Berlusconi di chiedere nuovamente la fiducia. La sinistra applaudì, il Pd si schierò col capo dello Stato. Il centrodestra fece presente che la nuova maggioranza aveva già votato altre volte la fiducia prima della nomina dei sottosegretari. Che peraltro non richiede il passaggio dall'Aula. Ma Napolitano, pur di intervenire a gamba tesa nelle vicende governative, fece una mossa politica.

Ora fa finta di nulla. Re Giorgio dice che con Renzi "i casi di voti aggiuntivi ad una maggioranza di governo si sono già verificati in passato" e che il problema si pone solo quando una minoranza diventa "sostitutiva" e forma una maggioranza "aleatoria". Cioè caotica. Secondo Napolitano, quella attuale sarebbe ben coesa.

Inutile ricordare che il premier ha approvato norme con almeno cinque o sei maggioranze diverse: dai grillini a Verdini, ha usato i voti di quasi tutti i gruppi parlamentari.

Ma re Giorgio non si scompone. A Berlusconi chiese di affrontare lo scoglio di una nuova fiducia. Per Renzi solo una "passeggiata". Ma si sa: sono i soliti due pesi, e due misure.

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