Se si parla di delinquenza romena in Italia, un problema numericamente assai rilevante, bisogna innanzitutto evitare di fare gaffes alla Di Maio. Nell'aprile del 2017, infatti, l'attuale vicepremier grillino scrisse su Facebook un post di questo tenore: «Mentre la Romania sta importando dall'Italia le nostre imprese e i nostri capitali, l'Italia ha importato dalla Romania il 40% dei loro criminali. Che affare questa Ue!». Tanto per cambiare aveva interpretato male un dato, quello secondo cui il 40% di tutti i mandati di cattura europei che riguardavano cittadini romeni il 40% proveniva dall'Italia.
Il numero colpisce ma va contestualizzato. Da noi, infatti, i romeni, sono di gran lunga la comunità straniera più nutrita. Per avere un'idea, al 1° gennaio 2018 su 5.144.440 stranieri (regolari) residenti in Italia ben 1.190.091 erano romeni, quindi parliamo del 23,13%. Contro l'8,56% di albanesi che sono secondi e staccatissimi, e il 5,65% di cinesi che sono terzi. Il fenomeno parte da lontano e ha avuto tre tappe fondamentali: il 1989, quando crollò il regime di Ceausescu; il 2002, quando in Romania ci fu la liberalizzazione dei visti turistici; il 2007 quando Bucarest fu ammessa nell'Unione Europea. E questo è un dettaglio che gonfia ancora le cifre, perché non solo i romeni in Italia da allora sono il doppio, ma anche perché nel conteggio ufficiale non ci sono i naturalizzati e per i cittadini comunitari la naturalizzazione può essere chiesta dopo quattro anni di residenza nel territorio italiano.
Alla luce di tutte queste doverose premesse, il dato (l'ultimo fornito dall'Istat su questo argomento risale al 2015) secondo cui i reati di cittadini stranieri in Italia sono commessi per il 22% da romeni colpisce un po' meno. Anzi, appare perfino fisiologico, anche se va detto che secondo le statistiche dimostrano di avere una particolare predilezione per le rapine, oltre che per lo sfruttamento della prostituzione. Il dato che conta davvero, semmai, è quello sulla propensione alla delinquenza, e in questo caso i romeni non sono affatto i cima alla graduatoria. Le comunità straniere in Italia col più alto tasso di criminalità, almeno fino a tre anni fa, erano ben altre: i gambiani, con 743 reati ogni 1000 persone, i maliani con 213 e i tunisini con 127. Poi somali, algerini, bosniaci, afgani, serbi e senegalesi.
Insomma, senza voler minimizzare il dato secondo cui nel 2018 i reati commessi dagli immigrati in Italia sono cresciuti del 4,7% (da 104.340 a 109.289 nei primi cinque mesi dell'anno), di «emergenza romeni» sembra davvero esagerato parlare.
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