Matteo Renzi ha sicuramente dalla sua parte soltanto tre italiani su dieci. Per il momento. Il premier ha puntato tutto sul referendum che si terrà in ottobre e anche ieri ha ribadito che «la riforma costituzionale è la madre di tutte le sfide» per dare «stabilità e governabilità all'Italia nei prossimi anni». Ma il premier comincia a fiutare aria di sconfitta perché gli ultimi sondaggi mostrano una progressiva diminuzione di coloro che voterebbero Sì alle scelte del governo. Un segnale negativo che mostra pure come i cittadini non si siano fatti influenzare dall'onnipresenza di Renzi che predica a favore delle sue riforme sui media.
La luna di miele tra il premier e il paese è finita da un pezzo e lo confermano i dati di Euromedia Research, come fa notare il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta. «Il trend è chiaro, Renzi ha poco di cui star sereno - dice Brunetta -. Se ai ballottaggi il Pd perderà le grandi città i numeri a favore del No si rafforzeranno ulteriormente». Il sondaggio indica in generale un 53,2 per cento di No ed un 46,8 di Sì. Ma tra gli intervistati esiste una larga parte di indecisi. Tra quelli che hanno dichiarato la loro scelta soltanto il 29 per cento è a favore del Sì e si tratta per l'82,3 di elettori del Pd. Il No invece è già stato scelto dal 33 per cento dei cittadini decisi. Ieri infatti Renzi è tornato a difendere le sue riforme invitando a «vivere con tranquillità la discussione sia sul referendum sia sulle amministrative».
Ma quanto pare il primo a non essere tranquillo è proprio Renzi che sente il bisogno di rassicurare i cittadini rispetto all'impatto che la riforma avrebbe sul Paese. «I poteri del governo non cambiano - assicura Renzi -. Cambiano le regole del gioco». Ma è lecito cambiare le regole del gioco per un governo che non è stato eletto e che al momento ha un consenso in continuo calo? Proprio nel tentativo di recuperare consenso Renzi impazza in tv e sui media con messaggi persuasivi sulla riforma.
Anche in questo caso sono le cifre a parlare. L'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (Agcom) su sollecitazione del presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, Roberto Fico, ha reso noti «i dati relativi ai tempi di parola, notizia ed antenna di tutti i soggetti politico istituzionali sull'argomento referendum costituzionale» per il periodo che va dal 20 aprile all'8 giugno nei programmi di informazione della Rai. È evidente lo schieramento di truppe sul piccolo schermo a favore del Sì, sette ore in 48 giorni. Renzi da solo occupa oltre un'ora e mezza saltando tra i vari notiziari per parlare a favore del suo referendum. Tempo al quale si aggiunge quello dedicato alla presenza in altri programmi Rai, ovvero un'altra oretta scarsa sempre per parlare solo e soltanto del referendum. Ma poi il governo ha schierato anche il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi: oltre mezz'ora nei tg e altrettanto in altri programmi. Interventi che vanno paragonati a quelli concessi ai contrari al referendum che stranamente di rado superano i 3 minuti. In pratica ogni intervento spesso si riduce ad una manciata di secondi. Schierati sui media a favore del Sì sono sfilati anche Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani, Angelino Alfano, Matteo Orfini.
Per il senatore azzurro Maurizio Gasparri, ex ministro per le Comunicazioni, Fico si mostra «troppo debole» di fronte a queste palesi violazioni della par condicio in fatto di
informazione. «C'è uno squilibrio colossale a vantaggio del sì - denuncia Gasparri - Il presidente della Commissione di Vigilanza non riesce a garantire una riunione che possa constatare le palesi violazioni confermate dall'Agcom».
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