Roma «Se mio padre secondo i magistrati ha commesso qualcosa, mi auguro che si faccia il processo in tempi rapidi. E se è davvero colpevole deve essere condannato di più degli altri per dare un segnale, con una pena doppia. Ma con gli articoli del codice penale, non con quelli di giornale». A sera, mentre suo padre è ancora interrogato dai pm e respinge ogni addebito, Matteo Renzi va in televisione, a Otto e Mezzo, e («come sempre a viso aperto») affronta il passaggio più difficile, che lo tocca direttamente perché coinvolge la sua famiglia. Ma dal quale non vuole «scantonare».
«Non credo ai complotti», dice Renzi, e ribadisce di aver fiducia nella magistratura: «Sto dalla parte dei magistrati anche se c'è di mezzo mio padre. Se ci sono dei ricatti, dei reati, delle tangenti c'è il dovere di fare i processi. Noi siamo persone perbene e non ne abbiamo paura». Quanto al padre, «riterrei una cosa gravissima se fosse condannato, ma lui risponde di se stesso. Io so chi è mio padre, dal punto di vista processuale dovrà rispondere alle domande. Già una volta è stato assolto, vediamo come va questa».
Per il suo braccio destro Luca Lotti, invece, il leader Pd si dice pronto a «scommettere» che non abbia commesso alcun reato: «Lotti non deve assolutamente dimettersi, a mio giudizio. Lo conosco da anni e la sua famiglia deve sapere di avere in casa una persona estremamente onesta. Non accetto processi sommari». Dietro la richiesta di sfiducia di alcune opposizioni, a cominciare dai Cinque Stelle, c'è «un disegno evidente in queste ore», dice. «Non c'è nulla di nuovo sulle vicende di Lotti. L'obiettivo è creare tensioni ad hoc per alimentare le polemiche». Invece l'ex premier ci tiene a sottolineare l'operato scevro di macchie del suo esecutivo: «In questi anni in cui abbiamo governato ci sono stati una serie di cambiamenti ai vertici della macchina pubblica e non c'è stato alcuno scandalo verificato dalla magistratura». Confida di aver avuto «la tentazione di mollare tutto», rivendica la propria cultura garantista «sempre»: «Quando è arrivato l'avviso di garanzia alla Raggi, ho difeso il sindaco di Roma, e non ne ho certo chiesto le dimissioni: si è innocenti fino a condanna definitiva». Ma sottolinea, con riferimento a Grillo: «Io non sto in un partito diretto da un pregiudicato. Ho la fedina penale pulita».
La giornata più drammatica per il Pd renziano si apre con uno scontro interno e sotterraneo, ma trapelato ieri sui giornali, sul rinvio del congresso e delle primarie. Ad avanzare la richiesta sarebbero stati grossi calibri della maggioranza renziana, da Dario Franceschini a Piero Fassino. I quali però ieri mattina smentivano recisamente i «retroscena fantasiosi fatti per seminare zizzania». Mentre i renziani confermavano il tentativo, spiegandolo come «un modo per alzare la posta». A dire recisamente no è stato lo stesso Renzi: «Il congresso - con le primarie del 30 aprile - saranno una grande occasione per decidere insieme quale Italia vogliamo in Europa e come il Pd dovrà essere motore del cambiamento. Nessun alibi per rinviare la discussione, dunque».
Intanto però nei sondaggi il Pd accusa il colpo dell'offensiva giudiziaria: secondo Ixè, in una settimana perde l'1,2%.
Perdono quasi altrettanto i Cinque Stelle (-0,7%), ma riescono comunque a scavalcare di un soffio il Pd: 27,1% a 26,9%. E che le vicende di questi giorni non facciano bene al Pd, lo ammette lo stesso Matteo Renzi, ricordando il proprio straordinario exploit alle Europee: «È difficile che il Pd valga ancora il 40%».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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