Matteo Renzi disprezza i talk show televisivi ma è loro ospite continuamente. Più si avvicina la data del referendum più il premier si dimostra un maratoneta del piccolo schermo. È stato il primo ospite di Bruno Vespa per la riapertura stagionale di Porta a Porta ma poi la sua presenza si è dipanata in tutti i canali intensificandosi negli ultimi giorni. Domenica un lungo monologo nell'Arena di Massimo Giletti sulla rete ammiraglia Raiuno e poi due sere fa ospite di Politics che vede al timone Gianluca Semprini su Raitre.
La più o meno contemporanea presenza del pentastellato Luigi Di Maio nel programma di Giovanni Floris in onda su La7 ha scatenato poi un tortuoso dibattito per decidere quale dei due abbia vinto questo duello virtuale a distanza almeno a livello di audience.
Il segretario della commissione di Vigilanza Michele Anzaldi, renziano con nonchalance, si è affrettato a dichiarare la vittoria del premier sulla sua pagina Facebook con tanto di grafico di confronto tra le due trasmissioni. «Politics, che fino a ieri aveva inanellato solo flop, grazie a Renzi ha ottenuto il record stagionale di share, del 6,40 - annuncia Anzaldi trionfante -. Invece il talk di Floris su La7, con Di Maio, ha perso un punto. In questo caso se c'è stato un effetto Di Maio è stato quello di far perdere ascoltatori». Oltretutto fa notare Anzaldi il vero raffronto va fatto tra la puntata di Politics del 13 settembre con Di Maio che ottenne il 3,5 ovvero «la metà del premier». Come a dire che è meglio per la Rai ospitare molto di più Renzi e molto di meno Di Maio. Replica indiretta a chi (Huffington Post) aveva fatto notare che proprio mentre era intervistato Di Maio lo share di Floris si era alzato al 6,19 contro il 5,78 di Raitre.
Visto l'affannarsi dei contendenti andrebbe ricordato che lo share televisivo non si traduce automaticamente in voti ma che invece un'eccessiva presenza in tv, se mal gestita, può addirittura rivelarsi deleteria.
È lecito comunque chiedersi il perché di questo sentimento di amore ed odio che il premier rivolge evidentemente non a un contenitore televisivo di per sé neutro ma ai personaggi che lo animano. Fin troppo facile dedurre che a Renzi piacciano i talk show dove l'attrazione principale è rappresentata da se stesso e molto meno quelli che ospitano i suoi detrattori. Altrimenti come conciliare l'assidua presenza in tv con l'attacco via Twitter sparato qualche mese fa proprio contro i talk show? «Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia» scriveva Renzi. Ma l'opinione del premier davanti alla tv evidentemente cambia quando è «in» tv. Anche un paio di giorni fa Renzi ha ribadito che l'Italia che ama non è quella «del litigio permanente, quasi fossimo un incrocio tra un talk-show petulante e una telenovela stancante». Insomma il talk come paradigma del peggio che c'è nel nostro Paese.
Il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta aveva già messo sotto accusa la Rai per avere «consentito al premier Renzi di accomodarsi senza contraddittorio nel salotto di Giletti». E la tensione tra Brunetta e Renzi è esplosa ieri alla Camera.
Nel corso di una comunicazione del premier si è consumato un duro botta e risposta.Renzi ha detto che Brunetta «si sente giù per non aver vinto il Nobel per l'economia» e il capogruppo di Fi alla Camera lo ha accusato di essere un imbroglione e di «fare carne di porco della democrazia».
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