Matteo Renzi ha un'idea sulla data del voto. Anzi, ne ha ben tre. E se le è scritte su su un foglietto lasciato sulla scrivania di Palazzo Chigi nell'ufficio che si appresta a lasciare. "19 o 26 marzo, o, al massimo, 2 aprile", si può leggere nel foglietto come riporta il Corriere.
Renzi e la reazione post-referendum
Il ragionamento di Renzi è semplice: "Si può andare al voto in una di queste domeniche, come chiedono Lega, Movimento 5 Stelle e una parte del Pd, oppure si può arrivare al 2018 , come vogliono D’Alema e Berlusconi. Per arrivarci, però, devono fare un governo insieme e io mi godrò lo spettacolo". Non sarebbe nei piani di Renzi insomma formare un governo tecnico in stile Prima Repubblica.
La partita si gioca interamente nel suo partito, quel Pd di cui è segretario ma ora non più certo di avere una maggioranza coesa e forte. Renzi è convinto: "O si fa un governo di responsabilità con tutti dentro o si va a votare al più presto con la legge modificata dalla Corte alla Camera dei deputati, e che potrebbe non avere più il ballottaggio, e con il Consultellum e lo sbarramento all’otto per cento al Senato. Oppure se Franceschini e Bersani dicono che si potrebbe fare un governo purchessia per andare avanti, e il Pd sceglie questa strada, siano consapevoli che non sarò io il segretario che farà questa roba, non faccio quello che arriva al 2018 così, io li saluto... Liberi di fare quello che vogliono, però poi lo spiegano loro al Paese. Io non mi prendo certo la responsabilità di dare vita al quarto governo non elettorale. Lo fece Bersani, con Mario Monti, e si è visto come è andata a finire. Invece voglio lasciare la palla agli altri. Devono essere quelli del fronte del No a sporcarsi le mani".
Secondo quanto scrive Maria Teresa Meli sul quotidiano di via Solferino Renzi però avrebbe abbandonato l'idea di sottoporre oggi alla Direzione un documento che avrebbe avuto il sapore dell'ultimatum. Per "non aumentare la tensione" Renzi vuole dar spazio di manovra a Mattarella e così ha seguito il consiglio di Franceschini e Orlando: non lasciarsi prendere dalla voglia di punire quel Pd che lo ha tradito al referendum.
Intanto l'ex premier facendo gli scatoloni e si gode "lo spettacolo" del fronte del No, così eterogeneo, che dovrà trovare la quadra per un possibile governo di scopo e per una legge elettorale che il Capo dello Stato considera necessaria prima di poter andare alle urne.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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