Renzi chiama e Berlusconi risponde. O viceversa, a seconda di chi voglia essere considerato il primo responsabile del braccio di ferro di queste ore. Che poi, a essere sinceri, individuare chi ha aperto le danze è niente più di un esercizio di stile, visto che il punto di caduta dello scontro in atto è il via libera alla disfida per il Quirinale. Che non solo è iniziata, ma è già entrata nel vivo nonostante manchi un mese a quando Napolitano - nel messaggio di fine anno - dovrebbe annunciare la sua intenzione di passare la mano. Un timing che - nonostante il premier speri in una frenata - per ora resta confermato.
Quella tra Renzi e Berlusconi, dunque, è una guerra di nervi. Il cui esito potrebbe essere meno scontato di quanto lascerebbe intuire il botta e risposta andato in scena ieri. A differenza che su altri terreni, infatti, nella partita del Colle hanno un peso non irrilevante le reciproche convenienze dei protagonisti. Ci sono quelle del leader di Forza Italia, che dopo le esperienze con Scalfaro, Ciampi e per certi versi Napolitano, sa bene quanto decisivo possa essere l'inquilino del Quirinale e vorrebbe poter dire la sua per evitare di ritrovarsi un presidente «ostile». Ma pure il premier ha interesse a che la partita per il Colle non si trasformi in una conta. Se è chiaro, infatti, che Renzi avrà voce in capitolo sul successore di Napolitano, quel che lo preoccupa è il rischio di restare con il cerino in mano. D'altra parte, come insegna la storia recente - era il 19 aprile del 2013 - sono bastati 101 cecchini a impallinare non solo Prodi ma anche la leadership di Bersani. Perché quella per il Quirinale non è solo una lotteria, ma è pure l'unica votazione in cui frondisti e malpancisti possono esercitarsi liberamente senza il timore delle elezioni anticipate. Insomma, se su un voto di fiducia al governo - a scrutinio palese - è efficace la minaccia renziana delle urne (conseguenza diretta di una crisi di governo), nel voto per il Colle - a scrutinio segreto - l'unico che rischia di uscirne con le ossa rotte è proprio il leader del Pd.
Ecco perché Berlusconi resiste e ribatte.
Perché è consapevole che Renzi ci penserà dieci volte prima di giocare la partita da solo, con il rischio che le fronde (di Pd e Forza Italia, ma anche grillina) gli facciano qualche scherzo. Ed ecco perché il premier ha aperto ai fuoriusciti del M5S. Perché di un sponda ha assolutamente bisogno, a meno di non voler correre il rischio di finire come Bersani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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