Renzi, mossa anti traditori con lo sbarramento al 5%. E Orlando ora si candida

Primarie, torna l'ipotesi aprile: così il voto anticipato è ancora possibile. Accelerata sulla legge elettorale

Renzi, mossa anti traditori con lo sbarramento al 5%. E Orlando ora si candida

Roma - Il day after di Matteo Renzi è «sereno», dice lui a chi gli chiede se i contraccolpi della scissione lo preoccupino. L'ex premier e segretario dimissionario se ne è tornato a Pontassieve, e oggi pomeriggio non parteciperà alla Direzione, una riunione tecnica che dovrà dare il via al congresso e costituire la commissione incaricata di scrivere le regole.

All'Assemblea nazionale «c'è stata una discussione bellissima, grandi interventi come quelli di Walter, di Piero e di Teresa», ossia Veltroni, Fassino e la Bellanova, e il cerino di una rottura poco comprensibile è rimasto tutto nelle mani della minoranza. «Alla fine, più che una scissione, è solo la fuga di alcuni ex leader. La stragrande maggioranza della base non li seguirà», assicura ai suoi.

«E ora il congresso si può fare velocemente», aggiunge. Torna in ballo la data di aprile: lo spostamento a maggio era stata una piccola concessione ai rivoltosi, fatta più per togliere loro alibi che per convinzione. Per qualche pasdaran renziano, l'anticipo ad aprile delle primarie lascerebbe anche più margine ad un eventuale voto a giugno, che però viene escluso dal Nazareno.

Il fronte degli scissionisti si è diviso, con un Michele Emiliano in confusione che tiene il piede in ogni scarpa e getta nel panico i bersanian-dalemiani, e questo porta buonumore in casa renziana. E il Pd non ha certo intenzione di restare inerte davanti al «tradimento» di quel pezzo di ceto dirigente che tenta di scassare il partito. Così, nei corridoi di Montecitorio, circola un'ipotesi che sarebbe assai deleteria per le speranze degli scissionisti, e renderebbe loro assai arduo tornare in Parlamento. «Come ci ha chiesto il capo dello Stato e come sollecita la Consulta, dovremo lavorare nei prossimi mesi per armonizzare le due leggi elettorali di Camera e Senato», spiega un parlamentare. E siccome una grossa divergenza tra le due legge sta negli sbarramenti per entrare in Parlamento, 8% a Palazzo Madama e solo 3% a Montecitorio, l'idea è di ritoccarle portandole entrambe al 5%. Una soglia che costituirebbe un ostacolo forse insormontabile per la neo-formazione di Bersani e D'Alema, tanto più se il confuso Michele Emiliano alla fine si smarcherà dalla scissione, come in casa Pd danno per assai probabile. Parteciperà alle primarie? La prospettiva non spaventa punto Renzi: un sondaggio di ieri, firmato da Fabrizio Masia, dice che il segretario uscente vincerebbe con il 73,5%, contro l'11,7% del corpulento governatore pugliese (il bersaniano scisso Roberto Speranza al 6,3%). Se non ci sarà Emiliano, è probabile che si candidi Andrea Orlando, a rappresentare l'area della sinistra interna. «Se la mia candidatura impedisse la scissione, sarei già candidato - dice il Guardasigilli - Ma qualunque problema abbia il partito, l'idea che lo si possa risolvere con la scissione è sbagliata: apre un fronte che consente alla destra di rafforzarsi». E aggiunge: «Se le forze politiche stanno insieme solo su un leader e non su un programma alla prima curva rischiano di ribaltarsi».

Intanto, da Parigi si fa sentire l'esule Enrico Letta, che rigira (con un certo gusto di vendetta postuma) il coltello nella piaga descrivendo un panorama di «macerie» e mettendolo in conto - senza citarlo - a Renzi: «Guardo attonito al

cupio dissolvi del Pd. Mi dico che non può finire così. Non deve finire così», dice l'ex premier. «Leggo sgomento le cronache compulsive di questa fine accelerata. È così facile distruggere! Quanto più difficile costruire».

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