Renzi scippa alla Corte dei Conti il controllo sulle partecipate

Nella riforma che inizia oggi l'iter in Commissione i poteri passano al giudice ordinario Le azioni per danni saranno attivate solo su iniziativa degli stessi organi delle società

Renzi scippa alla Corte dei Conti il controllo sulle partecipate

Il governo toglie poteri alla Corte dei Conti sulle società partecipate dallo Stato per passarli alla giustizia ordinaria. L'esame del provvedimento, contenuto nella riforma sulle società partecipate «made in Renzi», inizierà oggi davanti alla commissione Bilancio della Camera per completarsi entro il 27 giugno. Di cosa si tratta? L'articolo 12 dello schema di decreto legislativo (l'atto del governo numero 297) sottoposto al vaglio del Parlamento, infatti, esclude definitivamente la competenza della Corte dei Conti a conoscere del danno erariale delle partecipate pubbliche. Di conseguenza, l'azione di responsabilità per i danni causati alle società pubbliche dai suoi organi di amministrazione e controllo è affidata al giudice civile ordinario, il quale però si può attivare solo su iniziativa degli stessi organi della società. Ossia anche da coloro che hanno cagionato l'eventuale danno. Il dibattito si sta quindi scaldando sulle motivazioni che stanno a monte del provvedimento e sugli effetti che esso avrebbe in caso di malagestio o danno erariale. Anche perché parliamo in alcuni casi di veri e propri panzer come la Rai, l'Anas o l'Enav.

Sul primo punto, non essendoci alcun diktat dell'Europa a stravolgere le competenze nel giudizio, le nuove regole potrebbero essere giustificate con il tentativo di fare equiparare il sistema alle società non-pubbliche, di certo non con quello di velocizzarle. Perché nei tempi il giudice contabile è solitamente più rapido, avvalendosi della polizia giudiziaria e soprattutto avendo meno cause da gestire. Non solo. La Corte dei Conti è dotata del pubblico ministero la cui funzione è quella di tutelare i soldi pubblici. Nel giudizio ordinario, invece, il processo si attiva su iniziativa della parte, in questo caso del socio. Nelle società a partecipazione pubblica il socio è l'ente pubblico che le ha istituite: può succedere che si muova per ottenere il risarcimento del danno subito, ma può anche decidere di non farlo. Non come il socio privato, che ha sempre interesse ad agire nei confronti degli amministratori che hanno operato contro l'interesse della sua azienda.

Dal provvedimento sono escluse le cosiddette società in house (ovvero quelle che si occupano della gestione delle reti e erogazione dei servizi pubblici locali). C'è però chi teme che alla fine l'esclusione di queste aziende partecipate possa essere rivista. Sottolineando che una grossa fetta del danno erariale deriva proprio dagli illeciti commessi in seno a queste società, basti pensare all'inchiesta sull'azienda capitolina dei rifiuti (Ama) controllata dal Comune di Roma, su cui sta indagando la Corte dei Conti per quantificare il danno provocato dal «sistema Buzzi» alle casse del Campidoglio.

I deputati di Alternativa Libera, Massimo Artini e Marco Baldassarre, fanno infine notare un'altra contraddizione: «Il governo cancella il ricorso al tribunale ordinario quando bisogna togliere la casa a chi fatica a pagare le rate del mutuo, ma cancella la competenza della Corte dei Conti e rinvia a quello

stesso tribunale, i cui tempi sono troppo lunghi per giudicare sugli espropri delle abitazioni, quando bisogna condannare manager e amministratori di società pubbliche che fanno perdere soldi allo Stato con il danno erariale».

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