L'effetto Report stronca Moncler. A Piazza Affari le azioni del gruppo hanno lasciato sul terreno il 4,88% a 10,52 euro, tra le peggiori performance del listino. Un lunedì nero per il marchio guidato da Remo Ruffini, all'indomani dell'inchiesta di Rai Tre che ha scioccato il pubblico della prima serata con le immagini delle oche, che verrebbero spennate vive e scorticate a sangue proprio per produrre i famosi piumini, senza rispettare la normativa europea che prevede l'utilizzo di tecniche indolori per gli animali. Ma il programma di Milena Gabanelli ha messo il marchio in cattiva luce anche sul piano della qualità, accusando l'azienda di aver delocalizzato la produzione all'estero per risparmiare, a scapito del made in Italy.
Ecco allora, il titolo della puntata di Report «Siamo tutti oche» diventare in poco tempo un hashtag virale: 4.300 i tweet lanciati in poche ore, quasi tutti negativi. A non perdonare sono soprattutto gli animalisti: le critiche più numerose e severe riguardano infatti i maltrattamenti subiti dalle oche, nelle crude immagini di Report. Presa d'assalto anche la pagina Facebook del marchio: «Non metteremo più un piumino Moncler!» è la frase più cliccata. L'azienda ha respinto le accuse, dando mandato ai propri legali per tutelarsi in tutte le sedi. «Tutte le piume utilizzate in azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell'ente europeo Edfa e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal codice etico Moncler - ha precisato in mattinata la società -. Tali fornitori sono a oggi situati in Italia, Francia e Nord America. Non sussiste, quindi, alcun legame con le immagini forti mandate in onda riferite a allevatori, fornitori o aziende che operano in maniera impropria o illegale, e che sono state associate in maniera del tutto strumentale a Moncler».
Ma in tanti sono indignati anche per un altro aspetto messo in evidenza dal programma televisivo, la sproporzione tra il costo di produzione e il prezzo finale del piumino griffato: 30-40 euro contro un migliaio. Profitti, sostiene la trasmissione di Milena Gabanelli, realizzati a spese dei lavoratori italiani, considerati troppo costosi e sostituiti dai «terzisti» della Romania o addirittura dell'oscura Transnistria, uno Stato autoproclamato in territorio della Moldovia, dove la manodopera ha costi irrisori.
Dal canto suo, Moncler definisce «del tutto inattendibili e fuorvianti» le cifre fornite nel servizio di Report, in quanto prendono in considerazione solo una parte delle voci di costo. «Il costo del prodotto - si legge nella nota - viene moltiplicato, come d'uso nel settore lusso, di un coefficiente pari a circa il 2,5 dall'azienda al negoziante, a copertura dei costi indiretti di gestione e distribuzione. Nei vari Paesi la distribuzione applica poi, in base al proprio mercato di riferimento, il ricarico in uso in quel mercato».
Ma Milena Gabanelli contrattacca: «Moncler ha deciso di non confrontarsi con Report e alla domanda per iscritto se fosse dotato di qualche certificazione non ha risposto. Come è visibile dall'etichetta, non sono dotati di alcuna filiera tracciata contro la spiumatura da vivo, come invece fanno altri marchi». «Per quanto riguarda i ricarichi», sottolinea poi la conduttrice, Moncler «potrebbe produrre comunque in Italia, tanto più quando è entrato il fondo Carlyle, invece ha preferito chiudere i laboratori nel Sud Italia». E conclude: «Se l'azienda vuole portarci in tribunale, lo faccia, noi produrremo le nostre prove».
In attesa degli sviluppi legali, resta la preoccupazione dei mercati per un marchio
chiave del lusso in Italia, mentre sta per aprirsi la stagione natalizia. Proprio ieri, Exane ha limato da 11 a 10,8 euro il prezzo obiettivo di Moncler, sulle prospettive di un rallentamento della crescita dell'azienda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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