"Repubblica" condannata: "Mori non aiutò la mafia"

Per il quotidiano il comandate dei Ros pilotava indagini e pentiti. Il Tribunale: "Accuse false"

"Repubblica" condannata: "Mori non aiutò la mafia"

Il tribunale di Roma ha condannato il giornalista di Repubblica Attilio Bolzoni, il direttore del quotidiano, Ezio Mauro e il gruppo editoriale L'Espresso a risarcire 15mila euro (più spese legali per oltre 3.800 euro) al generale Mario Mori. Il cronista dovrà versare 1.500 euro a titolo di sanzione pecuniaria. Il direttore è invece stato condannato per omesso controllo colposo della pubblicazione. L'ex comandante del Ros ed ex direttore del Sisde, difeso dal professor Vincenzo Zeno Zencovich e dall'avvocato Basilio Milio, li aveva querelati per diffamazione per un articolo, uscito su Repubblica il 28 settembre 2014, dal titolo «Il Ros al tempo di Mori, quando le indagini finivano in un labirinto». «Più che alle investigazioni - scriveva Bolzoni nel suo pezzo - si sono sempre interessati alle informazioni. Da diffondere o conservare in archivi sicuri, da barattare, da usare alla bisogna. Alla notizia di reato hanno sempre preferito solo le notizie, proprio come piace a un servizio segreto. Spie travestite da carabinieri: ecco cosa è stato il Ros del generale Mario Mori». Un'accusa che l'ex comandante dei Reparti operativi speciali dell'Arma ha rispedito al mittente. È stata la dottoressa Francesca Cosentino, giudice della prima sezione civile del tribunale di Roma, a scrivere il giudizio di condanna che dà ragione a Mori, ribaltando di fatto, con quanto riporta negli atti, la sentenza della Corte d'Assise di Palermo, che lo scorso 20 aprile aveva condannato il generale a 12 anni di reclusione nell'ambito del processo sulla trattativa Stato-Mafia che aveva fatto esultare il magistrato palermitano Nino Di Matteo.

Facendo riferimento alla sentenza del 2006, il giudice riporta: «È del tutto evidente che una simile ricostruzione non collimi con quanto, in poche righe, affermato dal giornalista, anzi, la sentenza aveva smentito che una trattativa Stato-Mafia vi fosse stata a opera del Ros o del generale Mori. Anche la sentenza del 2013 citata con molta nettezza aveva dato atto di quanto appena detto». Bolzoni nel suo articolo parla di «sabotaggi, inchieste pilotate, latitanti protetti», ma nella sentenza si spiega che «devono rilevarsi la assoluta genericità» delle affermazioni e «la mancanza di riferimenti specifici fattuali e temporali, mirando unicamente il testo a gettare un'ombra di assoluta illegalità su tutta l'attività del Ros guidato dal generale Mori sin dall'inizio, senza che alcuna circostanza a sostegno venisse accennata nello scritto del giornalista».

Nell'articolo si insinuava, oltretutto, che i carabinieri avessero fatto fuggire il boss Benedetto Santapaola, ricostruzione che non corrisponde a verità. E si legge ancora: «Nessun elemento emergeva poi quanto alla verità degli ulteriori fatti addebitati dal giornalista al generale Mori e relativi alle modalità di gestione dei pentiti Di Maggio e Cancemi, che il Bolzoni lascia intendere chiaramente avere avuto un trattamento preferenziale da parte del Ros».

Pertanto, le affermazioni riportate nell'articolo sono, a detta del giudice, «altamente lesive della sua reputazione e onorabilità, data anche la carica ricoperta e la diffusione della notizia riportata sui principali quotidiani».

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