Individuato, perquisito, portato in Questura e denunciato. È ciò che è accaduto a ieri a Gianfranco Corsi, artigiano cinquantottenne di Torano Castello, in provincia di Cosenza, reo di aver condiviso su Facebook il fotomontaggio con la decapitazione del presidente della Camera, Laura Boldrini. Un attacco odioso e ingiustificabile. A rendere nota l'identità dell'autore del gesto è stato il fratello Roberto, commerciante e simpatizzante dell'M5S, anche lui protagonista di happening iperbolici (incluso un tentato suicidio) contro Equitalia e Agenzia delle Entrate. «La foto che ha condiviso mio fratello è in rete: Google può detenerla, lui no», ha scritto.
La terza carica dello Stato ha ringraziato le forze dell'ordine per l'alacre intervento e, ovviamente, non ha perso l'occasione per attaccare con altrettanta veemenza i propri detrattori. «Io non ho paura. Faremo sempre muro di popolo contro ogni forma di razzismo, fascismo e discriminazione», ha dichiarato durante una manifestazione a Milano. Boldrini, strenua fautrice dell'accoglienza dei migranti «senza se e senza ma» sempre pronta a dispensare patenti di democraticità agli interlocutori, si è attirata molte antipatie da parte di coloro che dissentono dal suo pensiero, anche in virtù dell'indisponibilità al dialogo che spesso tracima in supponenza. Contrarietà che su Internet si trasformano in insulti e minacce, giustamente da perseguire. La deferenza che si deve al suo ruolo ha, però, fatto sì che a ogni offesa seguisse immediatamente l'intervento della Polizia postale, come il fulmine al baleno manzoniano. Due esempi? A maggio 2013 le forze dell'ordine hanno fatto visita a un utente che aveva ripubblicato il falso fotomontaggio «nudista» del presidente della Camera. Nello scorso agosto dieci buontemponi di Latina sono stati denunciati per «diffamazione contro un corpo diplomatico» causa condivisione di un altro fotomontaggio offensivo.
Tutto giusto, tutto ok. Le idee politicamente corrette e ben pettinate di Laura Boldrini meritano una tutela in nome della libertà di espressione. Occorre notare, tuttavia, che questo stesso diritto viene un po' meno allorquando a esprimere opinioni siano esponenti di quella parte politica che Boldrini & C. liquidano indifferentemente come «destra». Non si può non ricordare come ai tempi dell'ultimo governo Berlusconi su Facebook avesse fatto circa 20mila proseliti il gruppo «Uccidiamo Berlusconi» e quasi 50mila ne avesse affiliati«Tartaglia santo subito», dal nome dell'aggressore di Piazza Duomo. Anche oggi a spulciare il social di Zuckerberg proliferano gruppi come «I hate Berlusconi» e «Contro Berlusconi» che ritrae il Cav come un galeotto. Derubricata a semplice satira nello scorso dicembre la pubblicazione sulla pagina Facebook del gruppo di estrema sinistra «vento ribelle» di un fotomontaggio che ritraeva il leader leghista Matteo Salvini prigioniero imbavagliato in un covo delle Brigate Rosse corredato dalla didascalia «Ho un sogno». Salvini come Aldo Moro? Satira, appunto.
Se, invece, si passa sul terreno delle offese contro le donne, occorre dire che Boldrini è stata più «fortunata» di Mara Carfagna. Un suo stalker è stato condannato a soli 600 euro di multa. Le donne non sono tutte uguali.
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