Il rettore si piega ai violenti: via i tornelli dalla biblioteca

Dopo il contestato blitz della polizia, il senato accademico cede alle pressioni del ministro Fedeli. Vincono i black bloc

Il rettore si piega ai violenti: via i tornelli dalla biblioteca

«Martedì quasi certamente si deciderà di riaprire la biblioteca, ma senza più installare i famigerati tornelli».

A rivelarlo al Giornale è un autorevole membro del senato accademico che martedì ascolterà la relazione del rettore, Francesco Ubertini, sugli «incresciosi fatti» che da quattro mesi stanno avvelenando l'Università di Bologna. Si è cominciato a ottobre con gli scontri per la mensa a «prezzo autoridotto», si è proseguito con uno stillicidio di conflitti culminati due settimane fa con il clamoroso blitz della polizia chiamata dal rettore per «liberare» la biblioteca di via Zamboni 36 trasformata ormai in una piazza di spaccio: una struttura universitaria dove c'era gente che «andava a bucarsi», come ha anche ammesso il sindaco, Virginio Merola. Il rettore, impotente davanti a tanto degrado, aveva fatto istallare dei tornelli all'ingresso, prontamente divelti dai «pacifici» antagonisti del Cua (Collettivo universitario autonomo) che poi, due settime fa, se le sono date di santa ragione con i poliziotti che avevano fatto irruzione nell'edificio. Cariche che sono proseguite in piazza Verdi (territorio «autogestito» del movimento antagonista) ancora oggi presidiata da blindati di polizia e carabinieri.

Intanto la biblioteca dello scandalo è stata chiusa: pare sia «devastata», ingentissimi i danni. La data della riapertura resta un mistero, anche perché pare che si vogliano prima «far calmare le acque». Tradotto: il portone rimarrà serrato ancora per molto. Ma, quando tornerà ad essere spalancato, quasi certamente non ci saranno più i contestatissimi tornelli della discordia che tutto questo caos hanno scatenato. Una retromarcia imbarazzante da parte dell'ateneo bolognese che voleva accreditarsi come apripista per un nuovo corso all'insegna della legalità e che invece si ritrova a venire a patti - se non a piegarsi del tutto - con chi la legge è abituato solo a metterla sotto i piedi. Una delusione enorme per una città, ma anche per tutti quegli studenti che nell'opera di «bonifica» del rettore più giovane d'Italia credevano davvero. Ora, invece, spunta l'ombra del bluff. Un dietrofront spacciato per «apertura al dialogo» (pare sollecitato anche dal ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli) che, se fosse confermato, finirebbe invece col veicolare un messaggio pericolosissimo: la prepotenza di chi ha sradicato i tornelli per poi scaraventandoli (a mo' di ulteriore prova di forza e arroganza) davanti al rettorato vince su chi deve far rispettare le regole. Insomma - esagerando (ma poi neanche tanto) - è il male che si impone sul bene. Per i collettivi sarebbe una vittoria storica. Riappropriarsi - senza più «barriere» - della biblioteca di Lettere vorrebbe dire avere zittito non solo il rettore, ma anche tutti quegli studenti che «pretendevano» di non imbattersi in spacciatori nelle sale e in siringhe sporche di sangue nei bagni; per non parlare delle minacce, dei furti e degli atti di vandalismo. Un inferno che aveva portato Ubertini a decidere di «filtrare» in qualche modo gli ingressi monitorando gli accessi attraverso il rilascio di un badge. Ora la biblioteca potrebbe riaprire all'insegna della deregulation più assoluta. Che poi significherebbe tornare al vecchio caos.

Inutile chiedere conferma al rettore di Bologna. Dal lui arriva solo l'ennesimo «no comment».

Anche all'indomani dell'irruzione della polizia al «36» di via Zamboni (una notizia che fu rilanciata con grande risalto dai tutti i media) il rettore decise di non partecipare alla conferenza stampa di «chiarimento». Come se la cosa non lo riguardasse.

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