Il ricatto di questa Unione più Sovietica che Europea

L'Unione europea ha risolto la crisi greca con un ricatto. Ha detto ai greci: "O approvate le riforme che vi prescriviamo, o non vi diamo i mezzi per ricapitalizzare le vostre banche e vi lasciamo fallire"

Il ricatto di questa Unione più Sovietica che Europea

Fra l'entusiasmo degli europeisti duri e puri – che sono la faccia occidentale del socialismo reale di matrice sovietica - l'Unione europea ha risolto la crisi greca con un ricatto. Ha detto ai greci: «O approvate le riforme che vi prescriviamo, o non vi diamo i mezzi per ricapitalizzare le vostre banche, stabilizzare la vostra finanza pubblica e vi lasciamo fallire». Che riforme in senso liberale siano state imposte col ricatto a un governo di estrema sinistra responsabile della crisi del proprio Paese poteva accadere solo da parte di un'Europa che non ha ancora elaborato una direzione di marcia. I greci, che già avevano respinto una prima soluzione, meno impegnativa, col referendum popolare, hanno accettato la seconda, a livello governativo, ancorché più dura, perché avevano (hanno) l'acqua alla gola. Non è stato un bell'esempio di solidarietà europeista. D'altra parte, un sistema decisionale centralistico e pianificatorio è velleitario e condannato al fallimento se non dispone di un apparato repressivo che lo imponga. Il Cremlino, per debellare l'insorgere di autonome sovranità nazionali nel suo impero, usava i carri armati; la tecnostruttura di Bruxelles usa i (nostri) soldi. Ma il risultato è lo stesso: il rifiuto della sovranità popolare che, non dimentichiamolo, è a fondamento dello Stato moderno e della democrazia rappresentativa e la scelta di procedure fondamentalmente totalitarie. Che piaccia o no, il processo di unificazione europea che si sta concretando è la ridicola parodia del comunismo reale sovietico. Ciò che nell'Europa centrale e orientale era il centralismo democratico, in Occidente è il costante riferimento alla tecnostruttura di Bruxelles, priva di legittimazione democratica e utilizzata come alibi contro ogni rivendicazione autonomistica nazionale. Il centralismo democratico aveva come propri referenti il marxismo-leninismo e il Partito comunista. L'europeismo duro e puro ha la prospettiva dell'unificazione europea che diventa allo stesso tempo il fondamento e l'alibi contro ogni tentativo delle sovranità nazionali di rivendicare la propria autonomia rispetto alla tecnostruttura di Bruxelles, priva di legittimità democratica e frutto unicamente di un'idea razionalistica e intellettualistica, non ancorata alla realtà effettuale, dell'Europa unita.

Non si tratta, evidentemente, di rinnegare il progetto di unificazione europea, bensì di ripensare un'Europa unita diversa, che non sia la pedissequa imitazione delle federazioni americana e russa, che già mostrano il fianco a forti critiche e manifestano reazioni di rifiuto persino nella democratica America. Sbandierare il processo di unificazione così come sta procedendo e condannare ogni critica alle sue degenerazioni non ha senso, tanto meno lo ha da parte dell'Italia che, in quanto uno degli Stati fondatori, avrebbe tutte le carte in regola per farsi promotrice di una sua riforma. Solo che il nostro capo del governo – che, se dipendesse da lui, non farebbe votare nessuno, né il popolo (ha definito il referendum greco «un errore»), né il Parlamento, come dimostra l'abolizione del Senato, fatta passare per una riforma, perché «faceva perdere tempo»... - non lo ha fatto.

Aver sostenuto che dare la parola al popolo è stato «errore», è stata una bestemmia in bocca al capo del governo di un Paese di democrazia rappresentativa ormai consolidata, o in via di consolidamento, come è la nostra.

La verità è che Renzi piace a molti italiani perché si professa decisionista – salvo, poi, non prendere alcuna decisione che non lo riguardi personalmente - rispetto a chi lo ha preceduto, e pare dotato di un certo spirito autoritario che ricorda i tempi in cui i treni arrivavano in orario... Da noi, purtroppo, il primo fascistello che si affaccia alla ribalta politica è accolto con entusiasmo, incoerenza e si dimentica che cosa è stato per l'Italia aver consegnato il governo a Mussolini in nome di un ritorno all'ordine dopo i disordini del primo dopoguerra. Renzi non è il duce, del quale, fortunatamente, non ha né il preciso disegno autoritario, pur avendone le stimmate, né le circostanze storiche favorevoli.

Se li avesse, saremmo in pieno regime. A me ha fatto un certo effetto, ad esempio, sentirlo dire che, dopo aver rottamato la vecchia classe politica, era venuto il momento di rottamare anche qualcuno al di fuori della politica.

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