Roma «Eminenza, mi aiuta a diventare cardinale? Me lo avevano promesso e oggi non mi pare sia nei piani del nuovo Papa». È la metà del 2013, Francesco è appena stato eletto Vescovo di Roma e monsignor Carlo Maria Viganò è presente in veste di nunzio apostolico a un convegno sulla bioetica negli Usa, a Dallas. Durante una pausa, Viganò, dopo aver incrociato un importante cardinale, fedele collaboratore di Papa Francesco, si ferma a parlare con lui e si lascia andare alla richiesta: «Vorrei diventare cardinale, mi era stato garantito, ne parli col Papa». Cinque anni dopo quella richiesta, nulla è cambiato. Viganò non è diventato cardinale, proprio perché lo aveva richiesto con insistenza a più persone vicine a Bergoglio.
«Era il suo chiodo fisso», svela oggi un ex collaboratore del monsignore, che lavorava con lui ai tempi dell'incarico come segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano. Proprio in quegli anni, era il 2011, monsignor Carlo Maria, aveva già iniziato a insistere con Benedetto XVI e con il cardinale Tarcisio Bertone per ottenere un incarico di prestigio in Curia e avere la porpora cardinalizia. E per tutta risposta Ratzinger lo aveva allontanato da Roma, mandandolo negli Stati Uniti. Le vicende del Vatileaks, esplose quello stesso anno, dopo la pubblicazione delle lettere dell'arcivescovo, s'intrecciano, però, anche con la vita privata del monsignore e dell'epopea familiare, degna di una telenovela, dell'alto prelato varesino. Proprio quando Benedetto XVI aveva deciso di spedire il monsignore negli Usa come suo rappresentante diplomatico, Viganò, per resistere al trasferimento, aveva inventato una scusa: con una lettera aveva informato Ratzinger e Bertone di non poter andare negli Stati Uniti perché doveva accudire il fratello Lorenzo, gravemente ammalato e incapace di intendere e di volere. Peccato però che don Lorenzo Viganò, insigne biblista, godesse di discreta salute, nonostante fosse costretto su una sedia a rotelle e non fosse più, ormai da molti anni, in buoni rapporti col fratello arcivescovo a causa di una lite sull'eredità di famiglia, con denunce, controdenunce e milioni di euro scomparsi nel nulla.
La saga della famiglia Viganò venne svelata proprio dal Giornale nel 2013, quando il fratello Lorenzo accettò un'intervista in cui rivelava: «Mio fratello Carlo Maria mi ha tradito e derubato». Sullo sfondo i conti correnti di famiglia da dividere tra i fratelli, con l'ex nunzio apostolico che all'epoca dei fatti aveva addirittura denunciato la sorella Rosanna per circonvenzione d'incapace, cioè il fratello Lorenzo colpito da un ictus nel 1996. Il biblista si era dovuto scapicollare negli uffici del tribunale di Milano per mostrare al giudice di essere lucido. A quel punto, la denuncia nei confronti della sorella fu subito archiviata. E Carlo Maria rimase a bocca asciutta. Ma non era finita: don Lorenzo aveva contro denunciato il fratello arcivescovo per estorsione e appropriazione indebita. Disse: «Carlo Maria ha approfittato della mia malattia per tagliarmi fuori dalla gestione del nostro patrimonio. Mio fratello aveva ceduto delle proprietà comuni e mi aveva lasciato le briciole». Anche questa denuncia fu però alla fine archiviata dalla magistratura milanese. «Sono stanco di subire angherie da parte di soggetti che fanno finta di indossare le pelli di agnelli dissimulando la loro vera natura di lupi», diceva all'epoca don Lorenzo.
E le beghe, infatti, sono continuate per anni, fino a quando Carlo Maria è passato dai litigi con i fratelli alle accese e recenti discussioni con l'omonimo nipote Carlo Maria, il figlio della sorella, anche lui monsignore in servizio in Vaticano. La saga dei Viganò, a quanto pare, continua.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.