E ra ed è un'altra delle grandi battaglie portate avanti dai radicali, quella contro la cosiddetta «pena di morte lenta» degli ergastolani ostativi, i detenuti che non collaborano con la giustizia e che per questo sono esclusi dai benefici penitenziari. Ma è anche un terreno scivoloso, capace di aprire fratture ideologiche e politiche, quello in cui sta per addentrarsi la commissione Giustizia del Senato, con l'esame del pacchetto monstre che accanto alla riforma della prescrizione trova il ddl delega di modifica al codice penale e all'ordinamento penitenziario. Giovedì scadono i termini per la presentazione degli emendamenti. Se passasse indenne, l'articolo 31, già approvato alla Camera, sarebbe destinato a far cadere i paletti che oggi impediscono ai detenuti soggetti al 4bis dell'ordinamento penitenziario, il regime restrittivo previsto per i condannati all'ergastolo che non vogliono collaborare con i magistrati, di accedere a benefici finora preclusi. Così, paradossalmente, accanto a casi come quello di Marcello Dell'Utri, che sta scontando in gravissime condizioni di salute sette anni per il discusso reato del concorso esterno in associazione mafiosa, si materializzerebbero quelli di chi all'ergastolo non collabora ma può godere ugualmente di misure premio.
Una novità assoluta, quanto controversa, che entra nel merito della distinzione nata per combattere la mafia, tra chi sceglie di aiutare i magistrati nelle indagini e chi si rifiuta. Tanto che la proposta di legge firmata dalla deputata del Pd membro della commissione Antimafia Enza Bruno Bossio, partita a Montecitorio e assorbita nel ddl delega approdato a Palazzo Madama, aveva sollevato contemporaneamente indignazione e plauso. Da una parte un pezzo dell'antimafia e un simbolo della lotta alla criminalità organizzata come il pm Nino Di Matteo, che si era detto preoccupato di fronte al profilarsi uno smantellamento di preclusioni volute da Giovanni Falcone. E la presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili, Giovanna Maggiani Chelli, che aveva invece gridato alla «vergogna» paventando il rischio di ammorbidire le pene «ai Provenzano, Riina, Bagarella». Il plauso invece arrivava dalle dichiarazioni dai radicali, in campo per la tutela dei diritti, ma anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che critico sull'ergastolo ostativo, così come il Guardasigilli Andrea Orlando, anche per il richiamo della Corte europea dei diritti dell'uomo. Una categoria, quella degli ostativi, che conta oltre un migliaio di detenuti in Italia, che potrebbero presto accedere ai percorsi preclusi. Va detto la previsione del ddl non comprende «i casi di eccezionale gravità e pericolosità specificatamente individuati e comunque per le condanne per i delitti di mafia e terrorismo anche internazionale». Mentre per tutti gli altri mira «alla revisione della disciplina di preclusione dei benefici penitenziari per i condannati alla pena dell'ergastolo» e alla «eliminazione di automatismi» che «impediscono l'individualizzazione del trattamento rieducativo». C'è chi, come l'ex sottosegretario alla Giustizia ed ex deputato e oggi garante dei detenuti in Toscana Franco Corleone, fa notare come non tutti gli ostativi lo siano «per loro volontà, ma spesso non sono nelle condizioni di collaborare. La lotta alla mafia - aggiunge - si fa sul territorio non in cella».
La partita comincerà giovedì a Palazzo Madama, con la
presentazione delle modifiche al corpaccione normativo. «Abbiamo lasciato il testo tale e quale è stato approvato dalla Camera - spiega il relatore Felice Casson (Pd) - per lasciare a tutti la possibilità di presentare emendamenti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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