Rimini città d'immigrati dove comanda l'illegalità

Parchi trasformati in dormitori, quartieri stranieri, vu' cumprà. Il degrado trionfa

Rimini città d'immigrati dove comanda l'illegalità

nostro inviato a Rimini

C'è l'ubriaco con la bottiglia di birra in mano, i vestiti laceri che barcolla sul marciapiede facendo lo slalom fra i passanti. La mendicante che chiede l'elemosina e, in segno di spregio, si volta stizzita alzandosi la gonna e mostrando le natiche. Ma c'è anche il parco Murri, sul lungomare, che si è trasformato in bivacco per decine di extracomunitari sdraiati a dormire indisturbati al fresco, sotto gli alberi, a pochi metri da bambini che giocano sugli scivoli. Ecco la Rimini di oggi, la fotografia sbiadita di una città che da tempo ha ormai perso il proprio smalto e si trova a fare i conti con una politica immigratoria (della sinistra che qui governa da 70 anni) dissennata.

Il ferimento di un poliziotto da parte di un vu' cumprà a fine giugno, aveva già fatto presagire una stagione difficile. E, infatti, un mese dopo la situazione non solo è peggiorata ma addirittura degenerata. Oggi siamo arrivati già a sette agenti della municipale contusi in 40 giorni, perché costretti a difendesi a mani nude. La polizia fa il possibile ma non basta: due arresti nelle ultime 48 ore e sette clandestini denunciati fra cui il marocchino che l'altro ieri nei pressi della spiaggia libera ha tentato di rubare uno scooter rischiando il linciaggio da parte dei bagnanti. Condannato a 10 mesi è stato espulso. Forse.

Un centinaio di nuovi arrivi, dislocati in un convento gestito dalle suore in località San Vito, vicino a Sant'Arcangelo di Romagna, a nove chilometri da Rimini, aggiunti ai 330 rifugiati già presenti, non ha certo migliorato le cose e l'isterismo collettivo fra gli stabilimenti balneari è palpabile. Queste presenze ovviamente hanno acuito anche il fenomeno dell'abusivismo sulle spiagge, già arrivato negli ultimi anni al limite massimo della sopportazione. «Ci scontriamo giornalmente con i venditori abusivi – spiega il titolare del “bagno 26”, Gabriele Pagliarani, memoria storica delle spiagge di Rimini dal 1987 -, un'emorragia che va fermata. Ogni cinque minuti passa un immigrato a vendere il giocattolo, il profumo, i cosmetici, ormai vendono di tutto. Ma come diciamo noi da queste parti, cerchiamo di andare dal verso del pelo, perché se si ribellano possono anche distruggerti uno stabilimento. Tagliano lettini, spaccano le cabine, incendiano gli ombrelloni. Non tollero come non si possa vivere in pace a casa nostra».

Chi se ne infischia, invece, è Rocco del bagno «Le Spiagge»: «Io non li faccio nemmeno avvicinare. I miei ragazzi vigilano di continuo e da me non vengono più. Per ora non mi hanno mai bruciato nulla. Ma sono assicurato».

Di giorno in spiaggia, la sera al mercatino multietnico (non autorizzato) che allestiscono fra Rivazzurra, Miramare e Bellariva. Alla stazione è un viavai continuo. Ogni giorno scivolano giù al mare da Forlì e da Ravenna sui treni locali. Alcune zone della città (che conta 150mila abitanti in inverno e un milione in estate) si sono poi trasformate in vere e proprie kasbah. Corso Giovanni XXIII, per esempio, è zona Bangladesh, con chioschi di kebab e market che vendono prodotti alimentari di Asia e Africa fra cui la carne halal. Qui c'è anche la moschea, autorizzata senza batter ciglio, dal sindaco renziano Andrea Gnassi.

E proprio qui abita il consigliere comunale di Fratelli d'Italia, ed ex consigliere regionale con Vasco Errani, Gioenzo Renzi («Nessuna parentela», ci tiene a specificare) non adirato ma proprio incazzato per come la sua bellissima città sia stata lasciata così tanto andare.

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