A rischio il drappo di Lepanto «È il simbolo della cristianità»

La reliquia custodita nella chiesa lesionata di Spelonga. I cittadini: "È la nostra storia, ci unisce e fa sentire vivi"

A rischio il drappo di Lepanto «È il simbolo della cristianità»

Un uomo suona la fisarmonica, accanto un ragazzo con il tamburello, sullo sfondo la chiesa di Sant'Agata e una fila di luminarie. «Mai mai ti lascio, mai mai da sola». Davanti alla chiesa due donne si dondolano a braccetto. Tutto il paese è in piazza, riunito sotto un tronco di abete che simboleggia l'albero di un'antica galea cristiana. Si sente l'odore delle salsicce, il vino rosso nei bicchieri di plastica. Una scuola di danza si esibisce sul palco, il deejay si siede alla consolle. Sono le ultime immagini girate a Spelonga nel mese di agosto in un video amatoriale. Ci si addentra nella notte danzando. In un secondo le persone che ballano precipitano a terra. Sono le 3.36 del 24 agosto.

Da allora la terra non ha mai smesso di tremare, il terremoto è avanzato verso nord distruggendo chiese, campanili, ricordi, statue, leggende, tutta la bellezza divorata in un soffio. Ma a Spelonga hanno deciso di chiudere la festa sospesa. Senza casa, da sfollati, con le lacrime agli occhi, avanti e indietro lungo la Salaria dagli alberghi dell'Adriatico alle loro montagne, qui a Spelonga, frazione di duecentoquarantuno abitanti di Arquata , hanno festeggiato il 7 ottobre, il giorno più importante: l'anniversario della battaglia di Lepanto del 1571, in cui 150 cristiani antenati di questo luogo parteciparono alla sconfitta degli ottomani. Il ricordo è una reliquia che racchiude un gesto di coraggio e un mistero, il drappo con tre mezzelune e una stella incise, strappato da una nave turca, ricordo della guerra dei due mondi, cristiano e musulmano. Quel drappo è custodito in una teca nella navata della Chiesa di Sant'Agata, ora pericolante. I cittadini, riuniti mercoledì in un albergo di Porto d'Ascoli, hanno deciso all'unanimità di chiedere alla Curia e ai carabinieri il recupero immediato. «Quella bandiera ci fa sentire vivi», dice Ermelindo Felici, una delle anime dell'Associazione Santesi Festa Bella di Spelonga. Tutto vive di Lepanto nel piccolo borgo che guarda Arquata: la Confraternita del Santissimo Rosario mantiene la stessa suddivisione in reparti da 445 anni. La notte del 24 agosto, la festa salvò molti ragazzi di Pescara, venuti a ballare sotto il grande albero.

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Strip cristiani perseguitati

L'eroe di questa montagna è un uomo che forse era una donna: Carlo Toscano, o sua sorella Maria secondo una leggenda, riportò la bandiera nemica tra le montagne di Ascoli. Una ricostruzione mai smentita né provata racconta che fu proprio la donna, travestita da uomo, a issarsi su un albero nemico e a strappare il vessillo, custodendolo nel viaggio di ritorno delle flotte a cui partecipò anche Miguel de Cervantes, che successivamente avrebbe scritto il Don Chisciotte. Gli antenati degli spelongani sarebbero stati reclutati perché uomini forti e a basso prezzo, e queste montagne avrebbero contribuito alla battaglia anche con i legni dei boschi, utilizzati per gli alberi delle galee della Santa Alleanza. La Madonna del Rosario è molto venerata perché avrebbe contribuito alla vittoria cristiana con il favore di un'improvvisa mutazione dei venti.

Ogni tre anni a Spelonga si svolge la Festa Bella, e questa del terremoto era l'estate della commemorazione: per tre giorni la prima settimana di agosto, sotto una pioggia ininterrotta, gli uomini tagliarono e trasportarono a mano il tronco di un grande abete rosso. «Abbiamo più volte dovuto difendere la bandiera racconta ancora Felici - lo Stato Pontificio requisiva i bottini di guerra, ma non la ebbe mai. Da sempre tutti gli spelongani sparsi per il mondo arrivano per la festa. Ci dimentichiamo di tutto, di piccoli dissidi, è il nostro orgoglio e deve essere salvata».

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