Risparmi e leggi veloci? Ecco tutte le favole sulla nuova Costituzione

Premierato assoluto, mostri giuridici, disordine nelle funzioni di Palazzo Madama: tecnici e politici demoliscono le parole del premier sulla riforma

Risparmi e leggi veloci? Ecco tutte le favole sulla nuova Costituzione

Per il comitato del «No» alla riforma costituzionale, guidato dall'ex presidente della Consulta, Annibale Marini, sono favole quelle raccontate dal governo di Matteo Renzi per giustificare il ddl Boschi. In un lungo e articolato documento, giuristi e politici che ne fanno parte le demoliscono una per una.

Risparmio - Il taglio dei costi è nel titolo della legge, ma Lucio Malan, questore Fi di Palazzo Madama, calcola che per il nuovo Senato si risparmierebbe solo l'8,8 per cento: 48 degli attuali 540 milioni di euro. I futuri 100 senatori saranno consiglieri regionali pagati dai rispettivi enti e quindi non ci saranno le loro indennità: 42 milioni e 135mila euro, che al netto dell'Irpef diventano 28. Le spese per lo svolgimento del mandato, dalla diaria ai rimborsi vari, riguarderanno 100 senatori invece di 315 e saranno tagliate dei due terzi: circa 25 milioni lordi, cioè 20 al netto. Nulla cambia per i senatori a vita.

Iter legislativo più veloce - Ma con le modifiche si sono sostituiti almeno 7 diversi procedimenti legislativi ed aumenterà «inevitabilmente» il contenzioso costituzionale.

Nessun nuovo potere al premier - In realtà, il combinato disposto della riforma con l'Italicum, che concede il premio di maggioranza ad una sola lista, comporta nei fatti un cambiamento della forma di governo che, con il tempo, porterebbe ad una sorta di «premierato assoluto». Il nome del leader di partito sarà indicato sulla scheda e non ci saranno i necessari contrappesi, visto che la Camera, legata al governo da rapporto fiduciario, deciderà su quasi tutte le cariche istituzionali.

Una riforma per tutti - La Costituzione costituisce l'identità politica di un popolo, quella del '48, approvata quasi all'unanimità, è di tutti. Mentre la nuova voluta dal governo Renzi «divide anziché unire, lacera anziché cucire». Ci si arriva attraverso il referendum e la spaccatura tra Si e No sarà «delegittimante». Prova che «la maggioranza formale non basta a riformare le istituzioni».

Legittimazione - Manca un «clima di pacificazione» e questa, in realtà, è la «riforma di una minoranza», divenuta maggioranza «sulla carta», grazie al Porcellum bocciato dalla Consulta.

Vizio di origine - La mancanza di legittimazione della riforma non può essere superata con il referendum, trasformato da Renzi in una «macro questione di fiducia su se stesso».

Mostro giuridico - Nasce dal combinato tra riforma e legge elettorale. Insieme minano «i principi supremi della Costituzione». Il premio di maggioranza alla singola lista consegna la Camera al leader del partito vincente, anche per pochi voti. Del modello dell'uomo solo al comando, risente l'elezione del capo dello Stato, dei componenti di Consulta e Csm. Il sistema è privo dei pesi e contrappesi per l'equilibrio tra poteri e tra partiti.

Principio della rappresentanza - Ci sono «fortissimi rischi di inefficiente e costoso neo-centralismo».

Per taglio dei costi e riduzione degli eletti, meglio scelte più drastiche, mentre così c'è «un impatto indiscutibile e decisivo sulla partecipazione democratica, sul pluralismo istituzionale, sulla sovranità popolare, sulla rappresentanza».

Superamento del bicameralismo perfetto - Ma rimane lo stesso peso istituzionale della seconda Camera. Con due criticità: «disordine» nelle funzioni del nuovo Senato e ambiguità sull'elezione dei membri.

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