Nelle due ultime due settimane Donald Trump ha vinto le elezioni americane, François Fillon ha vinto le primarie del Partito repubblicano francese con buone possibilità di entrare all'Eliseo l'anno venturo, Igor Dodon è diventato presidente della Moldavia e Rumen Radev presidente della Bulgaria. I quattro eventi, che in apparenza non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro, potrebbero invece preludere a una svolta nella politica mondiale: tutti quattro i vincitori sono infatti estimatori o addirittura amici personali di Vladimir Putin, e puntano almeno nei loro programmi - a porre fine all'attuale rapporto conflittuale con la Russia. Paradossalmente, si potrebbe sostenere che lo Zar è il vero trionfatore di questa tornata elettorale.
Ci sono, come è ovvio, varie sfumature nei suoi rapporti con i quattro personaggi. Trump si è limitato a esprimere a più riprese la sua ammirazione per Putin, definendolo un vero leader, e ha fatto capire che non intende continuare la politica di netta contrapposizione alla Russia seguita dall'amministrazione Obama. Per prendere atto di questa attitudine più conciliante nei suoi confronti e fare sapere al mondo che intende collaborare con Trump per un riavvicinamento tra i due Paesi, Putin è stato anche uno dei primi leader mondiali a congratularsi con lui. Per adesso, tuttavia, nessuno sa quali iniziative il neopresidente intenda prendere per mettere fine al clima di nuova guerra fredda che si era instaurato in seguito alla crisi ucraina, né se riuscirà a superare le resistenze dei suoi più stretti collaboratori e dell'establishment militare di Washington a un accomodamento con il Cremlino. Anche Romney, probabile nuovo segretario di Stato, non è un amico della Russia. Molti, amalisti e grandi giornali, hanno cominciato a mettere Trump in guardia contro un accordo al ribasso, che riconoscesse di fatto l'annessione della Crimea e lasciasse a Putin mano troppo libera in Siria. Tuttavia, l'atmosfera è già cambiata rispetto al pessimo rapporto tra Obama e Putin, simboleggiato dalla gelida stretta di mano in occasione del loro ultimo incontro al vertice di Lima, e tra tre mesi al massimo ne sapremo di più.
La inattesa vittoria di Fillon, considerato fino alla vigilia poco più di uno spettatore dello scontro Sarkozy-Juppéi, può invece essere invece considerato fin da ora da Putin un autentico terno al lotto. Lo stretto rapporto tra i due, di cui pochi erano fin qui al corrente, è nato otto anni fa, quando entrambi erano primi ministri dei rispettivi Paesi (Fillon di Sarkozy, Putin di Medvedev), ed è continuato anche quando il primo è stato ridotto a semplice deputato e il secondo è tornato a fare il presidente. Fillon è stato invitato sia nella dacia moscovita che in quella di Soci e ora che è in corsa per l'Eliseo con eccellenti possibilità di vittoria non fa misteri del suo programma: fine delle sanzioni contro Mosca, fine degli spiegamenti di militari Nato ai confini con la Russia, presa di distanza dagli Stati Uniti (una volta ha perfino usato, nella tradizione di De Gaulle, l'espressione «Imperialismo americano»), stretta collaborazione con il Cremlino nella lotta contro l'Isis e fine dell'ostilità contro il suo alleato Assad. Da un presidente francese Putin non potrebbe chiedere di meglio.
Le altre due elezioni hanno naturalmente minor peso: ma quelle della Moldavia erano un vero e proprio duello tra filo-russi (che ora aboliranno l'accordo con l'Ue per entrare nell'Unione doganale eurasiatica di Mosca) e filo-ccidentali, e la Bulgaria è pur sempre un membro della Nato e dell'Unione europea, dove può influire sulle decisioni che devono essere prese all'unanimità.
Se a questo si aggiunge che in Germania, nonostante la Merkel, rimane forte il partito trasversale filorusso che faceva capo a Gerhard Schroeder e ha molti simpatizzanti nella grande industria, che l'Italia oltre ad avere in Berlusconi un grande amico dello Zar - non sarebbe affatto contraria a una abolizione delle sanzioni e che Mosca ha buoni agganci a Cipro, in Grecia e in Serbia, Putin ha davvero buoni motivi per brindare.
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