Rovigo, hotel requisito per ospitare i migranti. E il titolare si sente male

Blitz delle forze dell'ordine dopo la resistenza del proprietario. Ora il personale è a rischio

Rovigo, hotel requisito per ospitare i migranti. E il titolare si sente male

«Sappia che troverà il cancello chiuso e me legato al portone!»: era stato l'ultimo, disperato, monito che aveva rivolto al prefetto per scongiurare in extremis la requisizione del suo hotel a tre stelle a Ficarolo, Rovigo, individuato per l'accoglienza di una quindicina di richiedenti asilo. Quando martedì mattina l'incubo si materializzato in un cordone di forze dell'ordine giunto per sequestrare la struttura, Luigi Fogli, titolare del «Lory» è stato colto di sorpresa. E all'improvviso, anche dal panico. Ha tentato di ostacolare con il proprio corpo di ottantenne gli agenti che volevano entrare. Poi il cedimento, la rassegnazione, un lieve malore, l'ambulanza, e gli accertamenti che diranno che non è nulla di grave, almeno non per la salute. Finisce così, con un'operazione congiunta di polizia, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale, il braccio di ferro tra la prefettura di Rovigo e un privato cittadino. E con toni da battaglia giudiziaria, cala il sipario su «una giornata triste per il Veneto e per tutti gli imprenditori del comparto alberghiero che vedono calpestati i propri diritti da uno Stato allo sbando sull'emergenza migranti. Ora nessuno è al sicuro», avverte le Lega.

Ora la struttura, una delle prime finite nel mirino delle requisizioni insieme all'ostello di Goro a Ferrara, e a un hotel a 4 stelle alle porte di Vicenza, è sotto sequestro fino al 1° aprile. I profughi sono stati sistemati nelle stanze, il cancello d'entrata è stato chiuso, l'accesso è consentito solo ai funzionari della cooperativa che si occuperà dell'accoglienza. Dopo l'iniziale resistenza del proprietario che non voleva consegnare le chiavi, («Sono arrivati senza avvisare, io ero a letto, sono sceso sarei corso a barricarmi al cancello ma avevano tolto la catena»), le forze dell'ordine sono entrate dalla porta di servizio, e da qui hanno spalancato quella dell'ingresso principale. Delle trenta stanze dell'albergo che Luigi gestisce da vent'anni con la famiglia, ne sono state requisite circa la metà, sotto gli occhi attoniti degli altri ospiti dell'albergo, alloggiati in altre sei e che lasceranno alla fine del soggiorno. Nessuna prenotazione potrà più essere accettata. I quattro dipendenti a tempo pieno, tutti di età compresa tra i 30 e i 45 anni, sono «nel limbo», spiega il genero di Luigi, Massimiliano Migliano, che con la moglie gestisce il ristorante adiacente e che prima di martedì faceva tutt'uno con l'hotel. Per loro non è esclusa la cassa integrazione. «Mio suocero lavora da 50 anni sul territorio, questo trattamento non è giustificabile. È prevaricazione». Ed è anche l'epilogo forzato di un iniziale «interessamento» del titolare all'opportunità economica derivante dall'ipotesi di concedere la struttura, tramontata per il mancato accordo con la cooperativa. Tanto che il prefetto, Enrico Caterino, dopo il ripensamento e il pugno duro, lo ha accusato di intenzioni speculative: «Non ci è riuscito, a speculare. Noi fino alla fine abbiamo cercato la sua collaborazione».

Ma Luigi, dopo l'iniziale contatto con la coop, aveva cambiato idea. Anche l'ultimo tentativo riferito dall'anziano di voler «concedere quattro stanze in cambio della revoca della requisizione» è stato respinto. Nell'era dell'emergenza perenne, non c'è spazio per tentennamenti.

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