La classe dirigente europea, alla fine, sembra preferire il vecchio Iosif Stalin a Vladimir Putin. Sembrerà un paradosso, ma è quel che ci fanno capire i politici del vecchio continente disertando le celebrazioni per la vittoria nella seconda guerra mondiale (...)
(...) organizzate dal presidente russo e presenziando con spumeggiante entusiasmo a quelli per i venti milioni di caduti dell'Armata rossa. Certo, i morti si commemorano sempre, ma forse andrebbe ricordato che l'Armata rossa divenne la principale arma usata dal dittatore Stalin per minacciare l'Occidente, imporre un equilibrio strategico basato sulla paura e tenere in piedi un sistema oppressivo basato su gulag e manicomi giudiziari.
Ma mentre la terribile e fosca memoria staliniana non sembra minimamente scalfire la sensibilità dei governanti europei il presente putiniano sembra invece terrorizzarli. Dietro queste sviste e queste amnesie si nasconde però anche la devastante sudditanza di Bruxelles. Pur di compiacere l'alleato Barack Obama, vero ispiratore e grande burattinaio di tutte le manovre anti russe, l'Europa dimentica che nessuna alleanza strategica può prescindere dalla posizione geografica di un continente e dalle sue necessità economico-strategiche. Due assiomi geopolitici ricordati con efficace semplicità nella lettera al Corriere della Sera firmata da Silvio Berlusconi. «L'assenza dei leader occidentali alle celebrazioni a Mosca per il settantesimo anniversario della seconda guerra mondiale è la dimostrazione di una miopia dell'Occidente - scrive l'ex presidente del Consiglio - quella tribuna sulla piazza Rossa, sulla quale di fianco a Putin siederanno il presidente cinese, il presidente indiano, gli altri leader dell'Asia, non certificherà l'isolamento della Russia, certificherà il fallimento dell'Occidente. Considero quelle poltrone vuote non una prova di forza, ma l'emblema di una nostra sconfitta». La sconfitta di un'Europa costretta a negare, in forza della propria subordinazione alle politiche obamiane, la naturale complementarietà politico economica nei confronti di Mosca e a rinunciare ai propri interessi.
«Nell'attuale scenario geopolitico - nota ancora Berlusconi - l'Occidente ha di fronte due sfide, quella economica delle potenze emergenti dell'Asia e quella politica e militare dell'integralismo islamico. Per sostenere queste sfide è fondamentale avere la Russia dalla nostra parte». La basilare verità berlusconiana e la sostanziale ipocrisia di una posizione europea - accettata obtorto collo anche dal nostro governo - emerge del resto dalle parole e dagli atti del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. Pur avendo preferito il ricordo dei caduti di Stalin alla celebrazioni organizzate nella piazza Rossa Gentiloni non si fa problemi ad annunciare l'imminente visita del presidente Vladimir Putin all'Expo di Milano in occasione della Giornata della Russia, prevista per il 10 giugno. Il nostro ministro degli Esteri, reduce dal ricevimento offerto dal Cremlino ai capi di 45 delegazioni straniere, non si fa neppure problemi a riferire di un breve incontro con il tanto temuto e demonizzato presidente russo. «Gli ho detto - spiega Gentiloni - che lo aspettiamo all'Expo e lui mi ha detto di salutargli il presidente del Consiglio Renzi». Nonostante l'allineamento all'ipocrisia europea il rappresentante della Farnesina sembra insomma ansioso di manifestare la consapevolezza che la Russia di Vladimir Putin resta un prezioso e imperdibile partner politico economico. Un concetto ribadito in quattro parole dal leader della Lega Matteo Salvini che in un messaggio su Facebook dedicato alle celebrazioni sulla piazza Rossa si limita a scrivere: «Io sto con lui».
La posizione più allineata ai dettami europei sembra invece quella degli esponenti del Nuovo centrodestra. Fabrizio Cicchitto, l'ex capogruppo del Popolo della libertà rimasto al fianco del Cavaliere durante 14 anni segnati, anche all'interno dei governi dell'epoca, dagli stretti rapporti tra Berlusconi e il presidente russo, è il più deciso nell'additare la minaccia putiniana. «È stato Putin - sostiene Cicchitto - a svolgere un ruolo di rottura sulla base di una concezione imperiale che lo ha portato a inaccettabili forzature e interventi militari in Georgia, in Crimea e in Ucraina e per questo si è dovuto ricorrere alle sanzioni... per dargli un segnale ed esorcizzare in questo modo il rischio di scontri militari». Evidentemente nessuno gli aveva ancora comunicato l'arrivo del presidente russo a quell'Expo che Renzi ha più volte identificato come il simbolo della rinascita italiana. Una rinascita che non può né ignorare, né dimenticare i vecchi amici.
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