Saluti romani, linea dura del pm: "È una manifestazione fascista"

La decisione è anomala: si aggrava il reato per avere una condanna più alta. La replica: ci autodenunciamo

Saluti romani, linea dura del pm: "È una manifestazione fascista"

Milano - Si autodenunceranno in massa, trasformando il processo al saluto romano nel primo maxiprocesso per un reato d'opinione. Così reagiscono i militanti neofascisti di Lealtà e Azione alla decisione della Procura della Repubblica di incriminare per manifestazione fascista i partecipanti alla cerimonia del 29 aprile al campo X del cimitero Maggiore di Milano, dove sono sepolti i caduti della Repubblica Sociale Italiana.

L'incriminazione è state decisa ieri dal pm Alberto Nobili, sul cui tavolo era arrivata il giorno prima la relazione della Digos con un primo elenco di estremisti di destra identificati sulla base delle fotografie pubblicate sul sito di Lealtà e Azione o riconosciuti dai poliziotti all'uscita dal cimitero. La riflessione della Procura si è concentrata sulla scelta del reato da contestare ai partecipanti, di cui la sinistra milanese aveva chiesto a gran voce la repressione in base alla legge Scelba del 1952. Alla fine Nobili ha deciso di non contestare l'apologia del fascismo, prevista all'articolo 4 della legge, ma il reato di manifestazione fascista, articolo 5. L'apologia punisce «chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione» avente le «finalità antidemocratiche proprie del partito fascista»; scatta invece il reato di manifestazione fascista per «chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista». Il primo reato è punito fino a due anni di carcere, il secondo fino a tre. Linea dura, dunque: oltretutto al reato principale la Procura ha deciso di aggiungere l'accusa di manifestazione non autorizzata, altri sei mesi.

Il problema, però, è ora chi e su quali basi incriminare. Le polemiche dei giorni scorsi si erano incentrate sul saluto romano con cui i partecipanti - circa mille - hanno reso omaggio alle tombe del campo X. Peccato che l'unica immagine con le braccia alzate sia scattata di spalle, quindi nessuno dei crani rasati è identificabile con certezza. La Digos ha denunciato undici manifestanti sulla base di un'altra foto, che ritrae il corteo intruppato nei vialetti del cimitero, e sono questi gli undici nomi già finiti nel registro degli indagati: ma che sfilare intruppati sia di per sé una «manifestazione usuale del disciolto partito fascista» non sarà facile da sostenere in aula. Ancora più arduo sarà incriminare gli altri estremisti - una settantina - riconosciuti dalla Digos all'uscita dal cimitero.

Problemi di identificazione a parte, la scelta della Procura appare destinata ad aprire un nuovo scontro giuridico su un reato che per molti osservatori ha ormai fatto il suo tempo, soprattutto quando

limitato a gesti simbolici come il saluto romano. La stessa Cassazione, pur divisa al suo interno, a settembre ha assolto sette imputati che durante un'altra commemorazione funebre salutarono romanamente e gridarono «presente».

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