Il tunnel della depressione è lungo come un corridoio del metrò. Luce artificiale dove non filtrano i raggi di un sole torrido di fine agosto. È un mercoledì di deserto a Milano. E la desolazione s'impadronisce del cuore di una donna di 61 anni. Sola. Mette in fila i suoi passi ormai tristi. Arriva sul ciglio del marciapiede di attesa della metropolitana. Sesto Marelli è una fermata lontana dal centro. Fu un capolinea, anche se oggi non lo è più. Ma la signora aveva deciso che lo restasse. Almeno per la sua vita. Erano le 8.30 di un mattino canicolare e, sulla banchina, anime immerse nei loro pensieri sembravano distratte da quella quotidianità surreale.
Tra i tanti, un nero. Forse un immigrato. Chissà se clandestino. L'unico a restare vigile. A non aver paura di strappare al capolinea della morte più truculenta una donna di mezz'età. Sola con il suo dramma muto. Come il filmato che le telecamere della metropolitana hanno registrato puntuali. Al rallentato sopraggiungere del treno la signora prende il coraggio della disperazione. Si siede sul bordo della rampa e aspetta il momento del balzo finale.
Il samaritano non parla la sua stessa lingua. Anzi, non parla affatto. La raggiunge alle spalle. La prende dalle ascelle. E la trascina per pochi metri. Dove il treno non può travolgerla. Solo allora i passanti si accorgono. Accorrono. Cercano di afferrare quella sconosciuta. Ma ormai non serve più. Mani straniere l'hanno salvata. Silenziose, provvide e improvvise come sono giunte, sono anche sparite. Il salvatore non ha un nome e neanche un cognome. Forse, neppure un volto. Perché, in fondo, la salvezza non ha volto. Né espressione.
L'uomo si è eclissato. In mezzo a una folla anonima. Come anonimo era lui stesso. Per gli altri. Compresa quella donna disperata che non ha saputo spiegare alla polizia che cosa stesse facendo. Preda dello choc. Di un cuore massacrato. Di una psiche frastornata e disorientata. In balia del caso. Quello del nero che salva la donna bianca. Ma non cerca elogi né onori. È sufficiente la pace della propria coscienza. Quando gli agenti si sono precipitati sul marciapiede l'angelo custode era sparito. Aveva fatto perdere le tracce. Un eroe umile che rifugge i riflettori.
A distanza di una settimana scarsa sono gli agenti stessi a lanciare l'appello. «Vorremmo almeno ringraziarlo». Ma i fotogrammi sputati dalla telecamera a circuito chiuso non aiutano l'identificazione. Nulla si sa di lui, se non che ha la pelle scura. È alto e prestante. E ha il cuore mite. Ma questo non basta per ritrovarlo. Forse è volato via per rispettare la sua clandestinità. O meglio, per paura della sua irregolarità. Eppure... Eppure il suo gesto aiuterebbe un'eventuale procedura di regolarizzazione, fanno sapere.
Salvare una vita non è cosa di tutti. Anche se è cosa di queste settimane. Giorni di piccoli grandi eroi metropolitani. Sabato a Castello di Cisterna, vicino Napoli, un ucraino è morto mentre tentava di sventare una rapina in un supermercato. Si chiamava Anatolyij Korol e aveva 38 anni. In paese gli volevano bene tutti. E ora vorrebbero dargli una medaglia d'oro al valor civile. Grazie tardivo, ma sincero. Tocca al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, rispondere alla richiesta della polizia. Sempre a Milano, sabato 20, è stata questione di attimi. Una ragazza di 24 anni ha tentato di lanciarsi sotto il metrò a San Babila, cuore della città. Aveva litigato con il fidanzato. Si erano lasciati. E voleva farla finita con la vita.
Era già fra i binari quando è stata sollevata di peso. Un attimo prima che il treno ne troncasse l'esistenza. Il volto del samaritano, in questo caso, era diviso per tre. Come gli agenti della Polmetro che l'hanno strappata alla morte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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