Salvini: la fiducia è esaurita Giorgetti rinuncia all'Europa

Il leghista diserta il Consiglio dei ministri di oggi: così non va Il sottosegretario al Colle si ritira dalla corsa a commissario

Salvini: la fiducia è esaurita Giorgetti rinuncia all'Europa

F urioso, deluso, esasperato. «Non ne posso più». Da Helsinki, con il vento dell'Artico alle spalle e il mare del Nord a fare da sfondo, Matteo Salvini annuncia di aver ormai perso la pazienza. «La fiducia è finita, anche a livello personale. Mi sono fidato per mesi, ma adesso...». Ce l'ha con Grillo, Di Maio, Toninelli, Di Battista, il vicepremier li cita uno per uno per dire che è stanco delle aggressioni, per dichiarare che non sopporterà altri insulti dei Cinque stelle e per concludere che «così non si va avanti».

Conte è al capolinea? Dipende. Il ministro dell'Interno si sente tutelato da Mattarella e dal «suo senso della democrazia» e respinge l'idea di un ribaltone, perché «se cade il governo ci sono solo le elezioni». E il Quirinale è d'accordo, nessun pastrocchio. Però Lega e 5s devono decidere entro la fine della settimana: il presidente in serata riceve Giancarlo Giorgetti, che rinuncia a Bruxelles e vuole lumi, e gli spiega come sia impraticabile votare oltre metà settembre perché la Finanziaria dovrà essere gestita da un governo saldo. O dentro o fuori, o crisi o si continua.

Dentro questi paletti, Salvini dovrà decidere se insistere o frenare. L'aria non è certo quella di una pace imminente, le ostilità sono già partite. Infatti il primo atto è la scelta di disertare il Consiglio dei ministri di oggi. «Non vado a Palazzo Chigi, non mi sembra che in agenda ci sia nulla di eclatante». Il vicepremier salterà pure la riunione sulle autonomie regionali, a cui dovrebbe tenere. «Ci sono tanti altri validi leghisti che possono partecipare». Continuerà quindi il grande gelo, l'assenza di contatti ravvicinati con Luigi Di Maio e Giueppe Conte. Assenze polemiche, nonostante la correzione serale: «Non vado solo perché ho precedenti impegni».

Salvini non ha gradito, dopo settimane di tensioni, la lettera a Repubblica di Conte che parla di possibile danno all'Italia per il voto contrario del Carroccio a Ursula von der Leyen. Anzi, vista dal capo leghista, il detonatore dell'ultima esplosione è proprio il sì dei 5s alla tedesca. «Cinque stelle e Pd sono insieme al governo, per ora Bruxelles. Tradendo il voto degli Italiani che volevano il cambiamento, i grillini hanno appoggiato il presidente della nuova Commissione Europea, proposto da Merkel e Macron, insieme a Renzi e Berlusconi. Una scelta gravissima, altro che democrazia e trasparenza».

Insomma, si chiede, «dov'è la difesa dell'interesse italiano» nell'ok a Ursula? La Lega, aggiunge, non ha brigato per ottenere un portafoglio pesante, come ad esempio, la Concorrenza, «che comunque spetta all'Italia». Il posto doveva essere per Giancarlo Giorgetti, che però ha formalmente rinunciato. «Non ci vendiamo l'anima per una poltrona - insiste Salvini - E non restiamo al governo per un poltrona, ma per realizzare quanto gli italiani ci chiedono».

Poi, una bordata diretta ai 5s: «Lascio Di Maio i suoi sfoghi. Sull'immigrazione stiamo stringendo accordo importanti. Mi piacerebbe che tutti fossero ugualmente efficienti, invece mi sembra che ci siano decine di cantieri bloccati e opere pubbliche ferme». Ce n'è anche per Conte, che ha criticato il suo incontro con i sindacati. «Se la sfida è vedere le persone, va bene. Se è all'insulto, allora no».

Dunque, forte aria di crisi.

«Non mi pongo queste domande, per fortuna c'è un presidente della Repubblica garante del fatto che questo resti un Paese democratico». Però, non è detto, Moscopoli è un'insidia: «Io non mi do scadenze».

Il gioco del cerino acceso è cominciato.

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