Salvini: "A insulti finisce male". E Toninelli ridicolizza l'opera

Matteo incalza Di Maio: «Mi spieghi lo stop coi numeri» Il ministro pentastellato: «Chissenefrega andare a Lione»

Salvini: "A insulti finisce male". E Toninelli ridicolizza l'opera

Non la manda giù l'offesa di Di Battista. Matteo Salvini continua a mostrare la faccia d'angelo di chi è disposto al dialogo ma avverte: «Su Tav e Venezuela sono convinto che l'accordo si possa trovare. Se qualcuno però preferisce darmi del rompicoglioni, le cose si fanno complicate». La Lega insomma è disposta a rompere sulla Tav. Esattamente come sembra disposto a fare anche il ministro delle Infrastrutture Toninelli che scimmiotta il suo compagno di Movimento Di Battista, abbandonandosi a un linguaggio non proprio forbito. Sulla Tav infatti si è abbandonato al più qualunquista dei ragionamenti: «Chissenefrega di andare a Lione!» Per il ministro grillino non c'è espressione migliore per denunciare l'inutilità di un'opera. E quindi per rilanciare la tanto temuta crisi di governo. Il braccio di ferro tra Lega e Movimento Cinque Stelle, infatti, continua. E il motivo del contendere resta la tanto controversa questione della Tav che dovrebbe collegare il capoluogo piemontese con la città francese. I grillini insistono: non è utile, non è strategica, quindi non si deve fare. I leghisti, dal canto loro, temono sprechi e soprattutto temono un arresto del processo di rilancio dell'economia piemontese di cui la Tav è considerato un volano indispensabile. «Questo governo - dice Di Maio usando toni concilianti nei confronti dell'alleato - deve andare avanti per realizzare le cose su cui siamo d'accordo e non fissarsi su quelle che non ci vedono sulle stesse posizioni». D'altronde, aggiunge Di Maio, c'è tanto da fare, soprattutto considerando le cose su cui sono d'accordo. «Se fallisce questo esecutivo - conclude - tornano quelli di prima, quelli della Fornero e del Jobs Act». Ed è sul tasto della ragionevolezza che spinge invece Matteo Salvini. Il leader del Carroccio proprio non riesce a comprendere l'utilità di lasciare incompiuta un'opera che sul piano internazionale è considerata ancora strategica. «Se costa di più - dice - fermare un'opera e tornare indietro, che finirla e andare avanti togliendo tir dalle strade, inquinamento dall'aria e aiutando imprenditori e pendolari non capisco perché bisogna fermarsi. Di Maio mi spieghi lo stop all'opera numeri alla mano. E perché è sconveniente usare treni veloci che ci collegano al resto del mondo».

Entrambi i vicepremier, però, rigettano con una sola voce la tesi, che invece continua a trovare credito tra le opposizioni, di un accordo Tav-Diciotti. Il no ai cantieri «inutili» della Val di Susa in cambio del voto contrario all'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro degli Interni sul caso della nave Diciotti. «È uno scambio da vecchia politica - dicono praticamente in coro -. Un sistema che non ci appartiene». I Cinquestelle poi ricordano che il modello di sviluppo di cui la Tav in Val di Susa è un simbolo «anacronistico». «La Torino-Lione non si farà, punto e basta» taglia corto il senatore grillino Alberto Airola, che aggiunge «Sono pure convinto che il governo non cadrà su questo». Insomma i grillini si sentono forti di un accordo già preso e Di Maio invita Salvini a ragionare su altre infrastrutture più urgenti (la metropolitana di Torino, la Asti-Cuneo, la Roma-Matera, la Tav Roma-Pescara). Ovviamente calcare l'accento sulla Roma-Pescara non risulti casuale.

«Questa sì che è utile - rilancia Toninelli, che bene conosce le regole della campagna elettorale, visto che parla di un'opera strategica per una regione dove si vota domenica -. Nessuno deve andare a Lione. Né spedirvi merci. Mentre collegare Pescara con l'alta velocità sì che è strategico». Soprattutto per prendere voti.

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