Salvini resta in silenzio. Senza lo scudo penale la pace fiscale è un flop

Giallo su un comma che "salvava" i beni all'estero. Il governo chiarisce: "Un refuso"

Salvini resta in silenzio. Senza lo scudo penale la pace fiscale è un flop

Matteo Salvini ha trascorso pressoché in silenzio la domenica successiva alla maggiore sconfitta subita nei cinque anni di guida del Carroccio. L'esser stato costretto a fare marcia indietro sullo scudo penale per chi aderirà alla procedura di emersione del dl fiscale nonché sulla voluntary disclosure dei beni all'estero non dichiarati è stato un brutto colpo.

Chiaramente questo è più un problema politico che tecnico in quanto è la parte di centrodestra della coalizione di maggioranza ad essere stata costretta alle maggiori rinunce prima sulla flat tax che è diventata un'estensione del regime dei minimi per le partite Iva e i professionisti e poi sulla sanatoria dei redditi non dichiarati. Ci sarebbe anche un terzo cedimento sebbene di minore intensità. In una delle ultime bozze del decreto fiscale in circolazione csi legge che in caso di dichiarazione senza debito di imposta l'integrazione degli imponibili è comunque ammessa sino a 30.000 euro. Nelle versioni precedenti per queste imprese la soglia era di 100mila euro. La Lega ha, però, strappato una piccola concessione: in caso di imponibile dichiarato inferiore a 100mila euro si può comunque far emergere fino a 30mila euro rendendo conveniente la procedura di dichiarazione integrativa speciale anche per coloro che hanno denunciato redditi inferiori a 75mila euro. L'aliquota agevolata del 20% è sicuramente vantaggiosa e comporta un risparmio. Il problema, però, sono i reati nei quali si potrebbe incorrere e per i quali non c'è più una «protezione» che va dalla dichiarazione infedele, all'omesso versamento di Iva e ritenute includendo soprattutto le temutissime imputazioni riciclaggio e autoriciclaggio (detenzione da 2 a 8 anni).

«Eliminando gli scudi penali chi è stato furbo in questi anni, chi non era veramente in difficoltà ha paura di finire sotto un processo penale», ha detto ieri Luigi Di Maio nel suo solito italiano claudicante. Praticamente è stato come rigirare il coltello nella ferita inferta a Salvini. Un condono senza salvaguardia dalla detenzione è inutile come dimostra il flop della voluntary disclosure bis del 2017 che non aveva il salvacondotto della prima. Non a caso il sottosegretario alle Infrastrutture e consigliere di politica fiscale di Salvini, Armando Siri, ha sottolineato che il mancato gettito della pace fiscale si recupererà «con il saldo e stralcio». La sanatoria, elaborata dallo stesso Siri, sarà introdotta nel decreto fiscale e prevede tre aliquote, al 6%, 10% e 25%, che si declinano in modo diverso per le persone e per le società. Per le persone fisiche si applicano a chi ha un Isee sotto i 15.000 euro, tra 15.000 e 22.000 euro, tra 22.000 e 30.000 euro. Per le società se hanno debiti superiori al 20% del valore della produzione e un indice di liquidità inferiore a 0,3%, tra 0,3 e 0,6%, tra 0,6 e 0,8%. Chi ha già in corso la rottamazione delle cartelle potrà aderire a saldo e stralcio (e alla rottamazione-ter) solo per gli importi non ancora versati.

La sanatoria non varrà, come detto, per Ivie e Ivafe, imposte sui redditi e sugli immobili detenuti

all'estero. All'articolo 9, comma 2 lettera a della bozza circolata l'imposta sostitutiva del 20% si applica ancora a Ivie e Ivafe. «Un refuso», hanno spiegato a Palazzo Chigi. Giusto per far rosicare un altro po' Salvini.

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