Matteo Salvini si tira fuori dalla «giostra di revisione della fiducia», per dirla con Beppe Grillo, e conferma di sentirsi alleato solo ed esclusivamente con un Movimento Cinquestelle guidato da Luigi Di Maio. In sostanza il messaggio è: «O con lui o cade il governo». É la conferma che l'asse di inizio mandato, nonostante le vistose incrinature della campagna elettorale e gli attacchi a raffica del vicepremier grillino, continua a resistere, o almeno viene vissuto come il male minore rispetto alle possibili alternative.
Il leader della Lega all'ora di pranzo riunisce i parlamentari alla Camera, festeggia con loro il successo elettorale, incassa applausi e complimenti, ma rilancia subito, chiedendo ai suoi di non sedersi e continuare a lottare sui territori. «Il governo dura fino a quando si possono fare le cose scritte nel contratto» dice, secondo il racconto dell'AdnKronos. «Ma - aggiunge ed è questa la novità del giorno - serve che non passi la linea Di Battista e che dal M5S la smettano Di attaccare e dire no». Un ragionamento che viene reso esplicito proprio nelle ore più calde dello scontro interno a M5S, quelle in su Luigi Di Maio si addensano le nubi dei malumori interni al movimento e del voto di «conferma della fiducia» sulla piattaforma Rousseau.
La versione dettata da Salvini attraverso le dichiarazioni ufficiali è più prudente: «Capisco le ore e i giorni che stanno vivendo gli amici dei Cinquestelle, quindi non mi permetto di commentare le scelte altrui». Il Capitano, però, ha le idee chiare su quelle che saranno le sue scelte, promette che terrà il punto sui temi strategici - flat tax, Dl Sicurezza Bis, riforma dell'Unione Europea (ieri ha chiesto un grande piano di opere pubbliche finanziato dalla Bce), autonomia regionale e grandi opere - ma non lavorerà per la crisi. A condizione che il M5S resti, pur con le sue asperità, una forza di governo e non si trasformi in un animale ferito, facendo passare la linea ultramovimentista di Di Battista. Altrimenti, si fa capire, l'alternativa è il ritorno alle urne, con elezioni da convocare in una data compresa tra la metà e la fine di settembre. «Non ho tempo da perdere in polemiche, stiamo lavorando» dice Salvini commentando le parole di Beppe Grillo che lo definisce «un personaggio unicamente virtuale».
Una dura stoccata la piazza invece verso la dirigenza di Viale Mazzini, non nascondendo il suo sconcerto per il ritorno sullo schermo di Gad Lerner. «Lerner torna in Rai, e la controllerei io....»Se la Rai del cambiamento passa dai Lerner, Fazio e Saviano, manca solo Santoro. Chiedo all'amministratore delegato se il cambiamento passa da Lerner che 30 anni fa era in tv ad attaccare la Lega. Mi limiterò a chiedere quanto costa, quanto prende, con quanta gente viene a lavorare».
Ci sono comunque le proiezioni del voto sulla composizione del Parlamento italiano a far riflettere i dirigenti della Lega. Uno studio realizzato da Youtrend di Lorenzo Pregliasco calcola che l'opzione sovranista, Lega più Fratelli d'Italia, alle Politiche otterrebbe una maggioranza di 328 seggi su 618 alla Camera e di 162 seggi su 309 al Senato. Ben altre certezze assicurerebbe, invece, un centrodestra unito anche con Forza Italia che potrebbe strappare una maggioranza di 402 seggi alla Camera e di 206 seggi al Senato, con un ampio margine di sicurezza rispetto agli imprevisti della navigazione parlamentare.
Anche perché qualora, di fronte all'opzione sovranista, Forza Italia e Pd dovessero allearsi formando un rassemblement di stampo europeista toglierebbero collegi a Lega e Fratelli d'Italia. Il risultato? Matteo Salvini e Giorgia Meloni si ritroverebbero a non poter più contare su una maggioranza nei due rami del Parlamento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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