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Salvini spara: Mattarella complice di scafisti

Il presidente in Argentina paragona i migranti italiani a chi sbarca dal Nordafrica

Salvini spara: Mattarella complice di scafisti

Roma - L'Argentina che ha accolto tanti emigranti italiani è, per il nostro Paese, «un esempio». Sergio Mattarella parla a Buenos Aires ai 1700 italoargentini riuniti al teatro Coliseo. E raccomanda di imparare da chi ha visto il «fenomeno migratorio quale fonte di opportunità, di progresso, di crescita sociale».

Parole che suscitano subito la protesta di Matteo Salvini. «Gli immigrati sono una risorsa. Quanta ipocrisia! Paragonare i milioni di italiani che emigrarono in cerca di lavoro, e a cui nessuno regalò pranzi, alberghi o telefonini, ai clandestini che sbarcano oggi in Italia e fanno casino, è una vergogna. Stop invasione, Mattarella complice», scrive su Facebook il leader della Lega Nord.

«Complice» è solo l'ultimo insulto che Salvini lancia contro il Capo dello Stato, con il quale i rapporti sono stati sempre tesi, soprattutto sul problema dei migranti. «Complice e venduto», lo apostrofò nell'aprile 2006, quando al Vinitaly criticò chi vuole ripristinare le frontiere. «Complice di scafisti, sfruttatori e schiavisti!», ripetè ad agosto. Dopo il messaggio di fine anno lo accusò di mettere le banche prima degli italiani e alimentare l'odio. A marzo, lesse nel discorso di Mattarella in parlamento per il 60/o anniversario dei Trattati di Roma, « ipocrisia, retorica e complicità». Insomma, niente è andato liscio tra i due, fin dall'inizio, dall'elezione dell'«ennesimo cattocomunista», come lo definì il segretario del Carroccio.

E Salvini insorge, come per un riflesso pavloviano, anche per l'intervento a Buenos Aires, che richiama i «valori di apertura e accoglienza», alla luce dei quali su temi «complessi quali quelli dei rifugiati e dei migranti», non i singoli Paesi ma la comunità internazionale deve dare «risposte soddisfacenti e lungimiranti».

Il presidente della Repubblica parla di «patria terrestre», sottolinea l'«enorme rilevanza» che hanno oggi le questioni migratorie, sa bene quanto è divisa l'Italia sul tema e accusa di ignoranza chi si scaglia contro l'ondata di migranti. «I temi della solidarietà e della dignità della persona- dice-, si scontrano, prima ancora che con preoccupazioni legate alla sicurezza, con intolleranza, discriminazioni e diffusa incapacità di riuscire a comprendere ciò che è in atto, ciò che sta accadendo nel mondo». Poi ricorda che la Costituzione «ha voluto riconoscere espressamente il valore dell'emigrazione» e definisce «antistoriche», contro «l'interesse della comunità mondiale», le tentazioni di «protezionismo, involuzioni nazionalistiche e artificiose chiusure in se stessi».

La questione è di quelle che scaldano il dibattito politico ed Elvira Savino, capogruppo di Fi in Commissione Politiche della Ue alla Camera, afferma che «veder sorridere insieme Obama e Renzi, dopo aver causato una delle più grandi tragedie migratorie che si ricordino, è davvero stucchevole». Il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, dice che a questo ritmo, «in 5 anni saranno arrivati un milione di immigrati e l'intero sistema sociale sarà al collasso».

In Argentina, Mattarella ricorda il «fiume in piena» che si riversò dall'Italia nel mondo: «803.000 gli emigrati nel solo anno 1906! In cento anni (1876-1975), 26 milioni di italiani! Una nazione fuori dalla nazione!». Prima ancora del Regno d'Italia, come scriveva Ludovico Incisa di Camerana, «è all'estero che meridionali e settentrionali, sudditi di regimi diversi, si appropriarono, insieme, di una comune identità, quella italiana». E proprio in Argentina «è nata l'italianità». La folla canta in piedi l'inno argentino e subito dopo quello italiano, con lo stesso fervore e Mattarella parla della «lealtà» di quei «pionieri dell'emigrazione» che, «con impegno e saggezza, hanno saputo contribuire al divenire di un Paese». Oggi, dice, l'Argentina è tra le prime 5 destinazioni dei giovani italiani, per studio e lavoro.

Una presenza che le nostre istituzioni devono «valorizzare».

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