Le sanzioni in campo alimentare che la Russia sta imponendo all'Europa si stanno inasprendo.
«La Russia è coerente con le sue esigenze, ma non con le nostre» risponde Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Inalca (gruppo Cremonini, leader italiano nella produzione e distribuzione di carni bovine) e vicepresidente di Federalimentare.
Ci spieghi meglio, entriamo nei dettagli di una questione che sta mettendo in ginocchio l'economia europea.
«Mosca apre a prodotti alimentari di cui ha più bisogno, come quelli per diabetici, per neonati, oppure materie prime per la sua industria di trasformazione. Vieta invece beni sostituibili con produzioni interne. L'Italia da tutto questo ha solo da perdere. Se poi, come si teme, saranno colpiti anche vino e alcolici, che rappresentano il 30% dei 700 milioni di esportazioni alimentari in Russia nel 2013, il danno sarà ancora più grave».
Par di capire si tratti di sanzioni create con spirito protezionistico, quasi si volesse cogliere un'occasione.
«Le sanzioni dell'Unione europea contro la Russia sono la peggior cosa che l'Ue potesse fare; è chiaro che sono state seguite da controsanzioni. Tutto questo è dannoso per gli Stati europei, perché questi hanno bisogno del mercato russo più di quanto la Russia abbia bisogno di quello europeo. L'escalation delle sanzioni è miope».
E l'Italia?
«Gli alimentari con il maggior valore aggiunto esportati in Russia sono italiani e le prospettive sono elevate. Lo scorso anno il nostro export alimentare verso il mondo è stato del 6%, verso la Russia del 24,8%, il quadruplo».
I russi possono sopperire con prodotti propri?
«La Russia ha potenzialità agroalimentari pressoché infinite, chi si illudeva di poter svuotare gli scaffali dei negozi era in errore: possono fare da soli. Anzi, la situazione incoraggia Mosca ad aumentare il grado di autosufficienza agroalimentare. Le sanzioni europee sono un esempio di masochismo economico».
Come se ne esce?
«I russi hanno una pessima opinione delle istituzioni europee. Al contrario, il governo italiano gode di una considerazione particolare. Matteo Renzi, presidente di turno del consiglio Ue, dovrebbe fare appello al pragmatismo e richiedere un tavolo comune per una discussione aperta e completa. L'Italia da sola non lo può fare».
Inalca è presente con attività importanti in Russia. La sanzioni stanno provocando danni?
«In maniera molto limitata, perché le nostre aziende di produzione di carni sono russe a tutti gli effetti. A breve, anzi, inaugureremo un macello. Le uniche restrizioni che abbiamo subito riguardano la distribuzione di formaggi e salumi italiani, che valgono circa 6 milioni su un fatturato complessivo di 255».
Come avete fatto a svilupparvi in un
Paese così difficile?«Per realizzare la fabbrica a Mosca sono serviti 24 mesi, per il macello a Oremburg 18. A Modena da 4 anni aspettiamo i permessi per ampliare uno stabilimento. Il Paese difficile è l'Italia...».
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