Per una volta, i commenti trionfali dei media russi sulla partecipazione di Vladimir Putin al vertice di Milano appaiono giustificati: non solo lo Zar è stato il personaggio centrale dell'evento, non solo ha evitato di fare le concessioni sull'Ucraina che molti si attendevano dopo la caduta verticale del rublo e il crollo del prezzo del petrolio, ma ha anche potuto toccare con mano che - assenti gli americani - gli europei non sono affatto compatti come vorrebbero far credere sulla opportunità di mantenere le sanzioni finché il Cremlino non verrà a più miti consigli. Ha promesso, è vero, che non farà mancare il gas russo all'Europa durante l'inverno, conscio che questo gli avrebbe alienato l'opinione pubblica, ma ha anche chiesto alla Ue di pagare gli arretrati (4,5 miliardi di Euro) che l'Ucraina gli deve. Soprattutto, in questo suo primo viaggio in Occidente in quattro mesi, ha dato l'impressione di non essere affatto intimorito dall'isolamento che l'Occidente vorrebbe imporgli e di potere continuare il suo gioco del gatto col topo con Kiev fino a quando non otterrà ciò che vuole, cioè un'ampia autonomia per le province di Donetsk e Lubiansk che non ha esitato, neppure nei colloqui con gli altri leader, a chiamare «Nuova Russia» come usava un secolo fa al tempo degli Zar.
Il diverso atteggiamento degli europei nei confronti delle sanzioni è emerso soprattutto dal confronto tra le dichiarazioni del premier britannico Cameron e del presidente Renzi. Mentre il primo, che rappresenta un Paese che non importa gas russo e ha scambi commerciali relativamente modesti con Mosca, ha insistito sulla necessità di continuare a punire la Russia per l'annessione della Crimea e le interferenze nel Donbass, il nostro presidente del Consiglio ha sottolineato la necessità di tornare a collaborare con il Cremlino nella soluzione dei grandi problemi mondiali, come la lotta contro il terrorismo islamico, le trattative con l'Iran e perfino l'epidemia di Ebola. Senza dubbio, Renzi era già a conoscenza delle drammatiche cifre pubblicate ieri dalla Coldiretti sul crollo delle nostre esportazioni verso la Russia da quando questa ha imposto, per ritorsione alle sanzioni occidentali, il blocco dele importazioni di prodotti agricoli dalla Ue: siamo a un drammatico -63%, con un danno di 200 milioni l'anno. A soffrire, anche in seguito alle difficoltà valutarie in cui la Russia è venuta a trovarsi, sono anche la moda (-24,8%), i mezzi di trasporto (-50,1%), i mobili (-17,8%) e, in misura maggiore o minore, tutte le altre voci, turismo in testa. Dalle lettere ai giornali ai commenti in rete agli interventi alla radio e alla TV, l'ostilità alle sanzioni risulta sempre più diffusa, e anche prescindendo dalla posizione di Berlusconi, Renzi non può non tenerne conto.
Paradossalmente, la reazione della popolazione russa, che pure dovrebbe risentire della guerra commerciale più di noi, è l'esatto opposto. Da quando ha iniziato il suo braccio di ferro con l'Occidente, la popolarità di Putin è salita ulteriormente, sulle ali di una irresistibil ventata nazionalista. Né la mancanza di certi prodotti (peraltro rapidamente sostituiti con importazioni da Paesi neutrali), né l'inflazione provocata dalla discesa del rublo hanno, almeno per ora, portato a una dissociazione dalla politica «neo-imperiale» dello zar, che pertanto non soffre di condizionamenti interni. I falchi sostengono che è solo questione di pazientare finché il forte ribasso del greggio metterà in crisi il bilancio statale, ma negli anni del boom questa ha accumulato riserve sufficienti per resistere a lungo.
Alla luce di tutto ciò, la politica delle sanzioni dovrebbe essere rivista: non fanno arretrare Putin di un millimetro, rischiano di infliggere danni permanenti ai rapporti Russia-Ue e - come hanno fatto osservare anche alcuni leader asiatici convenuti a Milano - finiscono col danneggiare l'intera economia mondiale in un momento delicato
per tutti. Anche la Merkel, che per quanto la Germania sia il principale partner commerciale della Russia, a Milano è stata tra i più duri, dovrebbe convincersene non appena si troverà per l'Ucraina un compromesso decoroso.
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