Ne ragiona e ne conclude che «sono un fenomeno di moda» e come la moda di certo irresistibile, ma anche effimera. E dunque, per Marco Tarchi che è docente di Scienze politiche all'università di Firenze, ma anche uomo riservato che ha studiato a fondo la destra, il movimento delle sardine è per paradosso non un segno di vitalità a sinistra, ma il risultato della sua frustrazione. Di sicuro «le sardine dovrebbero avere idee, visioni del mondo e non solo slogan».
E però, tutti le adulano, i sondaggisti le pesano e professori come Romano Prodi e Mario Monti le promuovono. Lei che idea si è fatto sulle sardine?
«Che è un fenomeno di moda, come molti altri del passato, pieno di umori ma scarso nei contenuti, che si proclama apartitico ma di fatto raccoglie spezzoni delle varie sinistre radicali, le cui parole d'ordine richiamano come ha ammesso giorni fa lo stesso leader in una trasmissione radiofonica («Un giorno da pecora», ndr) il repertorio dei centri sociali: no borders, diritti lgbt, femminismo, accoglienza indiscriminata dei migranti...».
All'inizio li ha uniti l'antisalvinismo, oggi c'è un po' di tutto e tutti ci nuotano dentro.
«È, di fatto, un tentativo di far sì che questo microcosmo, in nome dell'antisalvinismo, si riavvicini alla sinistra istituzionale, Pd in testa. Come tutti i movimenti collettivi, passerà progressivamente dall'euforia e dal protagonismo alla divisione e alla marginalità».
Al momento conosciamo il loro manifesto politico che recita rivolgendosi alla destra: Non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare. È ubriacatura da entusiasmo o sono scorie di un vecchio linguaggio ideologico?
«Entrambe le cose. Ma, come tutti i movimenti di protesta, per vivere hanno bisogno di designare un nemico contro cui mobilitarsi: Salvini è il bersaglio ideale. L'ideologia c'è, ma in una forma diluita e confusa».
Per alcuni, le sardine, stanno iniziando a riempire il vuoto che progressivamente lascia il M5s, per altri sono popolo di sinistra deluso. Per lei? Sono l'uno o l'altro o forse altro ancora?
«La composizione delle loro piazze è eterogenea. Senza dubbio è un'inaspettata fonte di conforto per molte persone di sinistra frustrate dagli insuccessi degli ultimi anni, a cui il ritorno fortunoso del Pd al governo non poteva bastare per riprendersi. Che possa costituire un sostituto funzionale del M5s mi pare improbabile: qualunque giudizio se ne dia, il movimento fondato da Grillo e Casaleggio senior raccoglieva e saldava una serie di istanze anti-establishment piuttosto ampia e non risparmiava, nelle sue critiche, nessuno dei soggetti politici che considerava corresponsabili del degrado della politica italiana».
Il Pd li ha inglobati, i vecchi girotondini ci rivedono la giovinezza perduta e i loro sogni consumati. A che stadio siamo arrivati?
«Qui siamo ancora allo stadio delle esternazioni circoscritte ad un solo bersaglio, Salvini, e nei confronti di alcuni dei pilastri dell'establishment, Pd in testa, non c'è alcuna vera ostilità. Sono fenomeni diversi e per più di un verso lontani».
Si è detto che le sardine sono per la bella politica, ma finora rifiutano simboli politici, si tengono a distanza. È una contraddizione, un ossimoro?
«Non è detto che la bella politica debba avere simboli. Ma di sicuro dovrebbe avere idee, progetti di società, visioni del mondo, programmi d'azione, non solo slogan.
Può darsi che questo movimento ne produrrà, ma è sicuro che, non appena preciserà obiettivi e moventi, inizierà a sfilacciarsi. Ai nostri tempi, le mode si consumano in fretta. Questa rischia di durare, tutt'al più, il tempo di una campagna elettorale».
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