Di fronte allo Yemen si ribalta un barcone con 160 migranti, ma non c'è una sola nave Ong a soccorrerli. Morti di serie B rispetto a quelli del Mediterraneo che vengono utilizzati per la propaganda umanitaria contro il governo italiano. Una sessantina di tunisini sbarcati a Pantelleria, tutti uomini, saranno rimandati indietro subito, ma dobbiamo pure pagare il biglietto aereo. Sull'isola greca di Lesbo, il campo profughi per i siriani che riescono a superare le maglie della Guardia costiera turca sta diventando un inferno di violenze sessuali, disordini e sovraffollamento. Però la Grecia è un «porto sicuro» e la Libia no.
Nel caos estivo dell'immigrazione gestita dai trafficanti succede di tutto. Ieri è trapelata la notizia che una barca con 160 migranti si è ribaltata al largo della provincia yemenita di Shabwa. Il carico umano era partito dal porto somalo di Bosaso attraversando il golfo di Aden infestato da squali. A bordo un centinaio di somali e 60 etiopi comprese donne e bambini. Il barcone si è ribaltato poco prima dell'arrivo e non è chiaro quanti siano annegati. Lo scorso anno oltre 180 disgraziati erano stati gettati in pasto agli squali dagli scafisti. In giugno sono annegati 46 etiopi. «Oltre 7mila migranti, per lo più poverissimi, intraprendono questo viaggio della morte ogni mese» ha dichiarato Mohammed Abdiker dell'agenzia dell'Onu sull'immigrazione. Nel 2016 hanno tentato la sorte in 100mila, 55mila lo scorso anno. Non c'è una sola nave Ong che vada a salvarli nel Golfo di Aden, quasi fossero morti di serie B, che non fanno notizia. E i somali hanno diritto all'asilo scappando da una guerra endemica.
Al contrario, chi non ha alcun diritto a sbarcare da noi, sono i 57 tunisini arrivati a Pantelleria. A parte alcuni adolescenti di 16 e 17 anni sono tutti uomini, che non fuggono dalla guerra, ma dalla crisi economica. O da qualche reato compiuto in patria. La Guardia costiera li ha trasferiti a Trapani e il Viminale ha fatto sapere che «saranno rimpatriati in tempi brevissimi» grazie all'accordo con Tunisi. «Le operazioni cominceranno già lunedì».
Al largo di Tunisi è sempre bloccata la nave «Sarost 5» con 40 migranti a bordo soccorsi sabato scorso. «Abbiamo il morale a terra: siamo da giorni in attesa» protesta il capitano, Ali Hagdi. Il comandante teme per la sua incolumità dopo alcuni momenti di tensione a bordo. I clandestini del Bangladesh non vogliono che la nave attracchi in Tunisia. Quasi nessuno scappa da zone di guerra. Il governo tunisino non vuole dare il via libera. Il rischio è creare un precedente come «porto sicuro».
Al contrario, il «porto sicuro» della Grecia, viene messo in dubbio da un allarmante comunicato di Medici senza frontiere. Ben 8mila persone sono stipate nel campo di Moria sull'isola di Lesbo, che ne può ospitare solo 3mila. «La situazione nel campo sta precipitando nel caos con scontri e disordini costanti - denuncia Msf - episodi di violenze sessuali e un peggioramento delle condizioni psicologiche delle migliaia di persone intrappolate a Moria» compresi i bambini.
L'Europa paga profumatamente la Turchia per fermare i profughi siriani e quelli che arrivano a Lesbo dovrebbero venire rimandati indietro. Però tutti si scandalizzano se qualcuno rompe l'ipocrisia e ipotizza di rispedire in Libia non i rifugiati, ma i migranti illegali.
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