Una vittoria politica» secondo Matteo Salvini, «una soluzione ad hoc non sostenibile nel lungo periodo» secondo la Commissione Ue. Quella di ieri è stata una lunga giornata di botta e risposta tra il ministro dell'Interno e le istituzioni europee: al centro della discussione non solo la ripartizione su base volontaria (in 7 Paesi) dei 450 migranti sbarcati a Pozzallo, ma anche il riconoscimento dei porti libici come sicuri e la missione Sophia.
È stato il ministro dell'Interno da Mosca - dove tra l'altro ha chiesto ai russi di sostenere le missioni in nord Africa - a lanciare il sasso accusando l'Europa. «C'è un'ipocrisia di fondo - ha detto - per cui da un lato si danno soldi ai libici, gli si forniscono le motovedette e si addestra la loro Guardia costiera, e poi però si ritiene la Libia un porto non sicuro. Si tratta di un bipolarismo che va superato. Così come va ridiscussa la firma suicida dell'Italia sulla missione Sophia di cui bisogna chiedere conto al governo Renzi».
La replica è arrivata a stretto giro di posta: «Nessuna operazione europea o nave europea riporta i migranti in Libia perché non lo consideriamo un Paese sicuro», ha spiegato la portavoce della Commissione Natasha Bertaud. E l'Alto rappresentante per gli affari esteri Federica Mogherini ha aggiunto: «La decisione sui porti libici è della Corte europea dei diritti dell'uomo (si riferisce a una sentenza del febbraio 2012 che condannò l'Italia per un respingimento di migranti verso Tripoli, ndr), dunque puramente giuridica e non politica. Quanto alla revisione del mandato dell'operazione Sophia era previsto iniziasse dopo l'estate ma ho chiesto che venisse accelerato e credo che già nei prossimi giorni gli Stati membri potranno iniziare a lavorarci». Parole che non hanno per nulla soddisfatto Salvini il quale ha chiosato su Facebook: «L'Ue vuole continuare ad agevolare lo sporco lavoro degli scafisti? Non lo farà in mio nome, o si cambia o saremo costretti a muoverci da soli».
Facile dedurre, quindi, che la soddisfazione del vicepremier per l'epilogo del caso Pozzallo sia di abbastanza di facciata. Se l'anima grillina del governo crede davvero che la ripartizione dei migranti possa essere il principio da seguire per rimettere mano alla Convenzione di Dublino, Salvini è molto più allineato al cosiddetto Gruppo di Visegrad, che di quote non ne vuole proprio sapere e che punta a risolvere il problema alla radice azzerando le partenze dall'Africa. Facile a dirsi ma molto complicato da realizzare almeno fino a quando i negoziati con gli Stati africani non saranno condotti in maniera organica.
E da questo punto di vista la linea della Ue appare piuttosto chiara: molto dura nell'arginare l'intransigenza di Salvini e la sua politica dei porti chiusi, più morbida nel cercare invece un dialogo con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. «Confermiamo di aver ricevuto la lettera del premier italiano indirizzata ai presidenti Tusk e Junker (quella in cui si chiede di non identificare più solo l'Italia come porto di sbarco, ndr) e a breve risponderemo - ha detto l'altro portavoce della Commissione Ue Margaritis Schinas -. In generale e senza entrare nei dettagli la Commissione condivide pienamente il senso di urgenza ed è impegnata nel dare seguito velocemente alle conclusioni».
Non a caso, a differenza di Salvini, Conte il successo dell'operazione Pozzallo lo celebra senza se e senza ma: «Si tratta di un successo di portata storica perché è stato affermato un principio nuovo - ha detto al Tg1 -, e cioè che i migranti non sono sbarcati in Italia ma in Europa.
Non siamo più soli. La distanza tra le posizioni della Chiesa e le parole forti di alcuni ministri? Leggendo la nostra proposta vedrete che muove dalla tutela della dignità umana e dalla tutela dei diritti fondamentali delle persone».
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