La scissione scatena la guerra in Parlamento E ora il governo trema

Con la minoranza via 60 parlamentari Pd Che però controllano le commissioni chiave

La scissione scatena la guerra in Parlamento E ora il governo trema

La crepa si è aperta. La diga, eretta dai pontieri renziani Dario Franceschini e Piero Fassino, rischia di non contenere la fuoriuscita dell'ala bersaniana. L'ex segretario del Pd - intervistato da Lucia Annunziata parla già da fuoriuscito: «Non possiamo affrontare a cuor leggero un tema come la divisione. In ogni caso non è vero che abbiamo scelto, chi ha forzato la mano non siamo noi». Per Bersani il dado sembra tratto: la scissione sarebbe l'unica risposta politica alla corsa di Renzi verso un congresso lampo. Ora la partita si sposta in Parlamento dove entra in gioco il destino del governo guidato da Paolo Gentiloni. Un rischio contenuto anche nelle parole del ministro Franceschini che all'assemblea del Pd dice: «Dovremmo essere qui a rivendicare i risultati della legislatura. Non si può segare la gamba su cui si tiene il governo». Concetto ribadito anche dal ministro Graziano Delrio convinto che la scissione provocherà contraccolpi negativi sulla tenuta dell'esecutivo.

La prossima mossa della minoranza dem sarà il via libera alla nascita di gruppi autonomi al Senato e alla Camera dei Deputati con la trasformazione in forza parlamentare della componente di Area riformista, la corrente politica che fa capo a Bersani, Roberto Speranza e Guglielmo Epifani. Il peso dei fuoriusciti dal Pd rischia di diventare determinante per il futuro della legislatura. La battaglia si trasferisce in Parlamento dove gli scissionisti del Pd potrebbero contare su una sessantina tra deputati e senatori pronti a staccarsi dal gruppo dei democratici per dare vita a una nuova forza politica. Il punto di partenza è il documento dei dissidenti firmato contro Matteo Renzi nei giorni dell'approvazione dell'Italicum. Si parte da quel passaggio politico per gettare le basi ai nuovi gruppi parlamentari. Alla Camera dei Deputati Bersani dovrebbe contare su una truppa di almeno 35/40 deputati. Tra i parlamentari pronti a sposare il nuovo progetto targato Bersani-D'Alema, ci sarebbero, oltre ai fidati Roberto Speranza, Guglielmo Epifani, Nico Stumpo, Davide Zoggia, anche Danilo Leva, l'ex ministro alla Pubblica istruzione Maria Chiara Carrozza, Roberta Agostini, Andrea Giorgis, Marco Meloni, Enrico Lattuca, Barbara Pollastrini, Giorgio Piccolo. Numeri che a Montecitorio non sarebbero in grado di incidere sulla maggioranza che sostiene Gentiloni ma che cambierebbero i rapporti di forza in tre commissioni. Nella commissione Affari Istituzionali, dove partirà l'iter per la nuova legge elettorale, i «bersaniani» con Roberta Agostini alla vicepresidenza, lo stesso Bersani, Andrea Giorgis e Barbara Pollastrini possono indirizzare i lavori. Nella commissione Bilancio un possibile asse tra Bersani e Francesco Boccia potrebbe mettere i renziani in minoranza. Senza contare che alla vicepresidenza siede Enrico Zanetti di Ala, partito che al momento non sostiene il governo Gentiloni. Ed infine nella commissione Attività produttive alla cui guida c'è il bersaniano Guglielmo Epifani. Al Palazzo Madama, la nuova forza politica, che nascerebbe dalla scissione dal Pd, potrebbe contare su una truppa di almeno 20 senatori: bersaniani storici come Miguel Gotor e Giuseppe Cucca. E poi sarebbero pronti a mollare il Pd, per seguire l'ex segretario, Marco Filippi, Maurizio Migliavacco, Claudio Broglia, Josefa Idema, Massimo Mucchetti.

Al Senato senza l'appoggio dei verdiniani, Gentiloni rischia grosso: la maggioranza si mantiene sul filo di lana: nell'ultima votazione, la fiducia al decreto Milleproroghe è passata con 153 voti. La scissione potrebbe fornire l'alibi a Renzi per staccare la spina al governo Gentiloni e correre al voto.

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