Washington bacchetta il controllore d'Europa, la Germania. Il dipartimento della giustizia Usa ha infatti presentato a Deutsche Bank, ammiraglia del sistema creditizio tedesco con una capitalizzazione di 18 miliardi di euro, un conto esorbitante per chiudere il procedimento relativo alla vendita di subprime (bond garantiti da mutui) inducendo in errore gli investitori sulla qualità degli stessi prestiti ipotecari: 14 miliardi di dollari, sette volte le stime degli analisti che si aspettavano che il colosso tedesco guidato da John Cryan riuscisse a cavarsela con molto meno e più del doppio rispetto a quanto complessivamente accantonato a riserva per le crescenti spese legali dal gruppo di Francoforte (5,5 miliardi). Un colpo al cuore per il gruppo di Francoforte che ieri ha lasciato sul campo l'8,4% a 11,9 euro, meno di un decimo rispetto ai 117,9 euro a cui il titolo veniva negoziato dieci anni fa e la metà rispetto ai valori dello scorso anno.
La reazione di Francoforte che, peraltro, tre anni fa aveva pagato 1,9 miliardi di dollari alla Federal Housing Finance Agency per la vendita dei subprime, non si è fatta attendere. La società infatti ha comunicato che «non ha intenzione di pagare il potenziale risarcimento civile per una cifra così alta» e che si aspetta un «esborso» decisamente inferiore, in linea con quanto finora pagato dagli altri istituti di credito coinvolti. L'americana Goldman Sachs, lo scorso aprile, ha chiuso una vicenda simile a quella di cui è protagonista DB con il pagamento di 5,1 miliardi di dollari rispetto ai 15 miliardi inizialmente richiesti. Lo stesso Reichstag ha poi fatto intendere di attendersi una equa soluzione di compromesso. «Partiamo dal principio che questa procedura porti, sulla base di un principio di eguaglianza, a un risultato giusto», ha affermato il ministro delle Finanze Friederike von Tiesenhausen, nel corso di un incontro con la stampa. Ma se Bruxelles pende dalle labbra di Berlino, non è detto che Washington faccia lo stesso.
Peraltro, con sommo smacco di Berlino che, da tempo, si erge a giudice dei problemi dell'economia e delle banche italiane, DB negli ultimi anni è stata travolta da scandali giudiziari da prima pagina che hanno lasciato traccia sui bilanci aziendali (il 2015 si è chiuso con un rosso di 6,7 miliardi di euro). L'istituto di Francoforte è stato coinvolto nei casi di manipolazione del tasso Libor (per cui è stato condannato a 2,5 miliardi di dollari, una cifra destinata a salire visto che sono pendenti cause avviate da investitori privati) e del mercato dell'oro e dell'argento, oltreché nella manipolazione del mercato dei titoli di Stato (la Procura di Trani ha aperto un'inchiesta) e in quello dei mercato dei cambi, fino al sospetto di evasione fiscale e di riciclaggio in Russia. Negli ultimi tre anni il gruppo, secondo alcune ricostruzioni, ha versato oltre 13 miliardi di euro per chiudere alcuni dei numerosi procedimenti giudiziari aperti nel mondo. E molti di più DB potrebbe doverne versare in futuro. L'istituto guidato da Cryan, secondo le cronache, è coinvolto in oltre 7mila procedimenti giudiziari.
Di fronte a un simile scenario, si frantuma l'immagine di un gruppo «solido come la roccia» utilizzata dal manager in una lettera ai dipendenti. Tanto più che, tra le righe, il Fondo Monetario Internazionale, ha lasciato trapelare le sue preoccupazioni rispetto al fatto che DB si trasformi in una mina vagante sistemica per il credito europeo.
Insomma la svolta avviata da Cryan, imperniata su «onestà», «zelo» e su un piano lacrime e sangue (ieri si parlava dell'ipotesi di vendita di Abbey Life Assurance a Phoenix Group, per riportare la banca agli antichi splendori), è tutt'altro che semplice da realizzare. Un spunto di riflessione in più per quando il Reichstag e i suoi economisti è in vena di fare i conti all'Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.