Il terreno della giustizia, sempre volenterosamente concimato dalle procure con raffiche di nuove inchieste-show, si conferma assai sdrucciolevole per la scombiccherata coalizione giallorossa di governo. E testimonia quanto sia difficile trasformare un'alleanza motivata da ragioni di sopravvivenza in una intesa politica con tanto di sedicente «contratto».
Sulla prescrizione, Pd e Cinque Stelle sono ai ferri corti: «Così proprio non va», avvertono dal Nazareno chiedendo un rinvio dell'entrata in vigore, nonostante il premier Conte stia spalleggiando Di Maio e Bonafede che invece alzano la bandiera anti-prescrizione.
Intanto scoppia il caso della fondazione renziana Open e, con la rapidità dell'avvoltoio, Gigino Di Maio ci si tuffa a perquisizioni ancora calde, e provoca gli alleati di Italia Viva (e del Pd). «Non è la prima volta che succede una cosa simile - afferma il «capo politico» M5s, nonché - sulla carta - ministro degli Esteri. «È evidente che c'è un problema serio per quanto riguarda i fondi e i finanziamenti che ricevono i partiti. Lo abbiamo chiesto in più occasioni e continuiamo a farlo oggi: serve subito una commissione d'inchiesta sui fondi ai partiti». E aggiunge che la richiesta sarà uno dei punti che i grillini chiederanno di inserire nel fantomatico «contratto di governo» che, assicura, «vogliamo far partire a gennaio».
La replica renziana è affidata al parlamentare Luciano Nobili: «La commissione d'inchiesta? Un'ottima idea: facciamola presto, e allarghiamola anche alle Srl collegate a movimenti politici. Massima trasparenza, non solo sulle donazioni ma anche su consulenze e collaborazioni a enti pubblici italiani e stranieri». L'allusione al ruolo assai opaco della Casaleggio, al suo business, ai rapporti con gli enti pubblici e agli strani intrallazzi col governo cinese non potrebbe essere più chiara. Con alleati così, verrebbe da dire, non c'è bisogno di avversari. E infatti l'avversario leghista si dimostra più garantista dell'amico grillino: «Non voglio commentare le indagini su di me, figuriamoci quelle che riguardano gli altri», dice Matteo Salvini sul caso Open.
Ma è sulla prescrizione che lo scontro in maggioranza si sta facendo più rovente: dopo l'affondo dei grillini, che lunedì invitavano il Pd a spalleggiare la sedicente riforma Bonafede e a non fare «come Salvini» che invece ci ha ripensato, ieri il Pd ha fatto muro, nonostante il premier Conte, sia pur barcamenandosi, dia ragione ai suoi compagni grillini e definisca «giusta» la norma taglia-prescrizione, perché «dà il segnale che in Italia le verifiche giudiziarie si completano con assoluzione o con condanna». «Parole affrettate e imprudenti» secondo Italia Viva. E la replica del Pd è secca: «Le garanzie proposte dal Bonafede per assicurare processi rapidi non sono soddisfacenti. Ribadiamo quindi l'invito a rinviare l'entrata in vigore della nuova prescrizione. È davvero senza senso l'idea di procedere con l'abolizione senza prima averne verificato gli effetti», scandisce il dem Michele Bordo. Che avverte: «Il M5s non continui a tirare troppo la corda anche su questo tema». È duro anche il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci: «Di Maio si tolga dalla testa l'idea che sia il M5s a dettare l'agenda dei provvedimenti e che il Pd si limiti solo a votarli».
Il ministro Bonafede ammette le difficoltà e annuncia «nuovi incontri» di maggioranza, mentre Di Maio contrattacca: «Niente rinvii». E da Forza Italia incalzano il Pd: se fa sul serio, «voti la nostra proposta» di congelamento del taglio. Altrimenti, chiosa Mariastella Gelmini, «alzerà bandiera bianca».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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