Volano gli stracci in casa dei nazionalisti scozzesi e a vacillare è il governo in carica a Edimburgo. A due mesi dalle elezioni che potrebbero restituire allo Scottish National Party la maggioranza assoluta nel Parlamento locale - e riaprire in maniera prepotente la questione del referendum per l'indipendenza della Scozia dal Regno Unito - sono proprio i due protagonisti della storia recente e di grande successo del nazionalismo scozzese a finire l'un contro l'altro armati. Da una parte il Braveheart dello Snp, Alex Salmond, 66 anni, ex leader e capo del governo di Edimburgo dal 2007 al 2014, artefice del miracolo che portò i nazionalisti al governo nel 2007, dopo cinquant'anni di dominio laburista nella Scozia rossa e operaia delle miniere, l'uomo che strappò a Londra il primo referendum per l'indipendenza nel 2014 e lo perse, uscendo poi di scena, con il 55% di No. Dall'altra parte la sua ex delfina, Nicola Sturgeon, 50 anni, prima donna alla guida dell'esecutivo scozzese concesso da Tony Blair con la devolution, una first minister di grande tempra e ottimi risultati, succeduta a Salmond proprio nel 2014 e decisa oggi a trascinare la Scozia verso un secondo referendum, anche a causa della scelta del Regno Unito di dire addio all'Unione europea. Di mezzo una storia torbida, di presunte molestie, che si è chiusa nelle aule di tribunale l'anno scorso, dopo l'arresto choc di Salmond nel gennaio 2019, ma che oggi ha strascichi politici perfino più rilevanti delle vicende giudiziarie. Prosciolto da un tribunale scozzese, nel marzo 2020, da 13 accuse di violenza sessuale e tentato stupro ai danni di nove donne, tutte dipendenti o collaboratrici dello Snp e del suo governo, Salmond accusa ora l'ex pupilla di persecuzione politica e di una leadership «fallimentare». Sostiene di essere stato sottoposto a una campagna diffamatoria che aveva come obiettivo finale il suo allontanamento dalla vita pubblica. Dice che la sua vita negli ultimi due anni e mezzo è stata un «incubo» e che per annientarlo politicamente il governo di Edimburgo ha agito illegalmente, violando principi basilari delle istituzioni scozzesi. Il j'accuse arriva dopo che Salmond ha già ottenuto quasi 600mila euro di risarcimento per spese legali da un giudice che ha riconosciuto come «imperfette, illegali e prevenute» le procedure avviate dalle autorità di Edimburgo per avviare l'inchiesta ai suoi danni. «La Scozia non ha fallito, ma la sua leadership sì», ha detto l'ex first minister venerdì, di fronte al Parlamento di Holyrood, dove ha testimoniato nell'inchiesta sull'operato dell'esecutivo.
Per oggi è attesa davanti all'Assemblea legislativa la testimonianza sotto giuramento della sua ex pupilla e nuova leader di Scozia. L'accusa contro Sturgeon - cavalcata dall'opposizione, Partito conservatore scozzese in testa - è che la first minister abbia fuorviato il Parlamento, mentito e violato il codice ministeriale contribuendo a costruire un castello di accuse infondate contro Salmond, anche tramite l'intervento del marito, Peter Murrell, che è un alto dirigente dell'Snp. Ignorato anche il consiglio legale fornito al governo da uno dei più autorevoli avvocati di Scozia, che spiegava all'esecutivo quanto facile sarebbe stato perdere la sfida legale con Salmond.
«Teorie complottiste», «affermazioni folli» le ha già definite Sturgeon, che nelle elezioni di maggio era fin qui favorita per sfondare la soglia del 50% dei consensi. Ma i Conservatori chiedono le sue dimissioni e quelle del suo vice John Swinney.
Rischia la first minister e la causa indipendentista potrebbe pagare il prezzo di questa lotta intestina. Ma se la spuntasse, anche grazie all'ampia maggioranza di cui gode, Lady Sturgeon potrebbe uscirne più forte di prima.
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