È successo a Parigi, ma poteva succedere a Roma o a Milano. Anzi, non si può escludere che il terrorismo islamista, dopo aver massacrato la redazione di Charlie Hebdo, conceda il bis dalle nostre parti, anche se la mentalità corrente in Italia considera che certe disgrazie tocchino solo agli altri. Il presente articolo non vuole menar gramo: è solo la descrizione di un brutto sogno che, speriamo, non si realizzi. Oddio, sperare non basta: bisognerebbe darsi da fare per neutralizzare i presupposti della violenza che germoglia al centro e alla periferia di certe religioni. Cosa che a noi non passa neanche per la testa, visto che coltiviamo il mito della società multietnica e multiculturale, illudendoci che il buonismo sia una strada praticabile. Chiunque sostenga l'opportunità di difendere le tradizioni nazionali dalle contaminazioni straniere, specialmente musulmane, è accusato di blasfemia e guardato con sospetto se non con disprezzo.
A noi piace andare d'accordo con tutti, anche con chi pianifica la nostra morte, così supponendo di essere uccisi per ultimi. Quando Oriana Fallaci, nei suoi libri profetici, agitava il pericolo che l'Europa stesse per diventare Eurabia, gli intellettuali di sinistra (se non sono di sinistra non sono intellettuali, bensì deficienti) la sfottevano: «Soffre di allucinazioni». Più recentemente Cristiano Magdi Allam, egiziano convertitosi al cattolicesimo, per aver scritto che l'islamismo è una minaccia, è stato denunciato all'Ordine dei giornalisti in quanto palesemente islamofobo; e il presidente della corporazione, Enzo Iacopino, ancor prima che il collega fosse processato (e assolto) aveva pronunciato contro di lui una sorta di anatema.
Ecco, queste sono le premesse necessarie allo scopo d'ipotizzare che cosa accadrebbe nel nostro Paese qualora un giornale subisse il medesimo trattamento riservato a Charlie Hebdo. Nell'ambiente dell'informazione e della politica scatterebbe, come per effetto di un riflesso condizionato, la retorica più bolsa. I commenti sarebbero zeppi di parolone: indignazione, barbarie, esecrazione, stupore, raccapriccio eccetera. Ma, a sepoltura avvenuta delle vittime, abbonderebbero le riflessioni ispirate al sospetto che i giornalisti e i vignettisti assassinati non avessero fatto nulla per schivare una brutta fine. Essi - direbbero vari soloni - in fondo se la sono cercata, la morte, attuando un tipo di giornalismo eccessivamente polemico, irrispettoso di Allah e dei suoi fedeli, troppo provocatorio e inconciliabile con la convivenza civile fra persone di diversa origine.
Numerosi preti, fenomenali predicatori del dovere di accogliere affettuosamente gli stranieri, tutti, a prescindere dal loro credo, ci ricorderebbero che conviene dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, altrimenti costoro si irritano e poi sparano. Inoltre quei sacerdoti si vanterebbero di aver eliminato il presepe dai loro asili e il crocefisso dalle loro scuole onde dimostrare agli islamisti che siamo gente ospitale, capace di sacrificare i propri simboli millenari in favore della pace fra i popoli.
Insomma saremmo inondati da lezioni di tolleranza e umanità, giudicate indispensabili ai fini di estirpare l'odio razziale, religioso e sociale. Guai a chi osasse affermare che sarebbe stato meglio selezionare gli immigrati, ripristinando l'obbligatorietà di esibire una richiesta di lavoro per avere diritto d'acceso alla penisola; guai a chi proponesse di reintrodurre il reato di clandestinità, perseguito in parecchi Paesi occidentali. Poi non mancherebbe la recita della solita litania: i terroristi che hanno agito a Parigi parlavano francese, quindi erano francesi, cresciuti ed educati in Francia, pertanto gli extracomunitari non c'entrano. Come se non si dovesse tenere conto di un fattore: se apri indiscriminatamente le frontiere, logico che qualche serpe in seno - di seconda o terza generazione - sfugga al tuo controllo. Ed è proprio ciò che è avvenuto: uno dei tagliatori di teste dell'Isis, per esempio, pare sia un inglese. Senza contare gli attentati commessi alcuni anni orsono in alcune capitali europee e compiuti da giovanotti apparentemente integrati.
Se casomai una penna eretica si azzardasse ad esprimere un concetto basilare, e cioè che la libertà di stampa è funzionale all'esercizio della democrazia (e non può essere compressa o annullata dai terroristi), sarebbe deplorata e forse mediaticamente linciata. Con quale argomento? Chi scrive usi prudenza, non stuzzichi alcun potente, tantomeno i cecchini islamisti dal grilletto facile. Già.
Lo Stato garantisce tutto meno la libertà, che è un'arma a doppio taglio, come ben sanno i superstiti di Charlie Hebdo. Una domanda ad Angelino Alfano: che fa l'Italia di serio per proteggere i giornali e chi ci lavora?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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